La Camera ha approvato la legge di Bilancio con 355 voti a favore e 45 contrari. La prima, e chissà forse ultima, manovra del governo Draghi, è dunque legge, vale 32 miliardi di euro e, tra le novità principali, prevede il taglio dell’Irpef con il passaggio degli scaglioni da cinque a quattro. Soddisfazione è stata espressa da tutti i partiti di maggioranza, anche se non sono mancate le polemiche per il modus operandi che non ha praticamente consentito ai deputati di leggere il testo, mentre dall’opposizione di Fratelli d’Italia è arrivata una dura contestazione sia sul merito che sul metodo. «Una maggioranza sgangherata, insieme solo per amore delle poltrone, ha prodotto una manovrata sbagliata, senza visione e prospettiva, qualcosa di scandaloso», ha detto il capogruppo di Fd’I alla Camera, Francesco Lollobrigida, durante un sit in davanti a Montecitorio annunciando l’invio di una lettera al capo dello Stato perché si faccia «garante della Costituzione», mentre la leader Giorgia Meloni ha parlato di «grave atto d’arroganza» da parte del governo.

Secondo il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, la manovra è invece «un’altra spinta alla ripartenza italiana», e per la capogruppo renziana alla Camera, Maria Elena Boschi, «l’Italia torna a correre ma è una legge di Bilancio viziata politicamente per il metodo che è stato usato».

Dello stesso avviso Piero De Luca, vicecapogruppo dem a Montecitorio, che a colloquio con il Dubbio illustra pregi e difetti della legge di Bilancio.

«Siamo assolutamente soddisfatti, è una manovra espansiva che prova a tenere insieme la crescita economica ma anche la coesione sociale del paese - commenta l’esponente dem - Ci sono risorse importanti destinate al taglio delle tasse soprattutto per i redditi medi e bassi, quasi quattro miliardi per tamponare il caro bollette e risorse ingenti per gli ammortizzatori sociali e anche per rifinanziare il reddito di cittadinanza e lo sviluppo delle politiche attive del lavoro legate ad esso».

Non manca, anche in questo caso, una nota d’amarezza per le modalità con cui si è arrivati al voto finale. «Siamo dispiaciuti per il fatto che uno dei due rami del Parlamento sia stato nella sostanza bypassato - dice De Luca - Svilire il ruolo del Parlamento è qualcosa che non può essere più tollerato perché il dibattito parlamentare arricchisce e dà forza e sostanza ai provvedimenti legislativi». Per questo, prosegue, «ci auguriamo che sia l’ultima volta che assistiamo a qualcosa del genere» perché «non condividiamo il monocameralismo di fatto che si è affermato negli ultimi anni e bisogna porgli rimedio». Ma è sul capitolo enti locali che De Luca si concentra, sottolineando che «per la prima volta si comincia a mettere mano al tema dei livelli essenziali delle prestazioni, sia per quanto riguarda gli asili nido che il trasporto pubblico per i disabili». Fino ai fondi per evitare il tracollo finanziario di alcune grandi città. «I commi 567 e 580 dell’articolo 1 della manovra recepiscono alcune nostre proposte a sostegno di alcuni grandi comuni che rischiano il dissesto - ragiona - La norma prevede due miliardi e 670 milioni di euro per le città metropolitane dal 2022 al 2042, coinvolge i comuni con un disavanzo pro capite di oltre 700 euro e a Napoli arriveranno un miliardo e trecento milioni». Infine, secondo il deputato dem si tratta di una norma «doverosa e fondamentale affinché questi comuni possano continuare ad erogare servizi essenziali per i cittadini e avere l’opportunità di utilizzare i fondi del PNRR» e l’accordo su Napoli è politicamente importante «perché mette a frutto il patto siglato dal sindaco Manfredi con il Pd e alcuni dei partiti di maggioranza».