«Sono stato un mostro sbattuto in prima pagina…». Marcello Pittella ha pianto dopo aver sentito i giudici dargli ragione, proclamando la sua innocenza. Un’innocenza stabilita, ieri, dal Tribunale di Matera, che ha assolto l’ex presidente della Regione Basilicata nell’ambito del processo “Sanitopoli”, dal nome dell’inchiesta che nel 2018 gli costò 87 giorni di arresti domiciliari e poi le dimissioni da governatore. Da lì le elezioni del 2019, che il politico del Partito democratico perse contro il candidato di centrodestra, Vito Bardi. Ma, soprattutto, la gogna mediatica e politica, il cui peso, ieri, era evidente nelle lacrime lasciate scorrere dopo la pronuncia dei giudici. «Sono stati anni difficili, duri - ha dichiarato commosso, dopo la lettura della sentenza -. Ma ho sempre avuto la fiducia che il tempo potesse restituire la verità». Il pm Salvatore Colella aveva chiesto per lui tre anni di reclusione, convinto che avesse brigato per falsificare i concorsi della sanità lucana e avere un proprio tornaconto personale. Ma il collegio presieduto da Gaetano Catalani ha deciso diversamente, accogliendo la tesi dell’avvocato Donatello Cimadomo. «Mi ha consegnato una grande gioia», ha commentato Pittella. Le parole con le quali il gip di Matera Angela Rosa Nettis aveva riassunto l’inchiesta, tre anni e mezzo fa, erano state durissime: «Un avvilente quadro di totale condizionamento della sanità pubblica da parte degli interessi privatistici e di vile asservimento a logiche clientelari politiche», aveva affermato, definendo Pittella come il «deus ex machina» di quella era stata descritta come «distorsione istituzionale nella sanità lucana». L’indagine era nata dalla segnalazione per un tentativo di truffa alla Asm, ma la Guardia di Finanza è poi andata oltre, descrivendo un quadro ben più complesso, fatto di concorsi truccati e raccomandazioni. L’inchiesta fece finire in carcere Maria Benedetto, ex direttrice amministrativa dell’Azienda sanitaria di Matera, e Pietro Quinto, ex direttore generale dell’Asm, mentre altre venti persone furono spedite ai domiciliari. E per l’allora governatore, accusato di falso e abuso d’ufficio, essendo stato ipotizzato il concorso negli illeciti materialmente consumati da Benedetto, il gip aveva anche ravvisato il pericolo di reiterazione dei reati, data l’intenzione di ricandidarsi alla guida della Regione. Fu questo il motivo alla base della sospensione, che di fatto censurò la sua carriera politica, impedendogli di continuare a svolgere il suo ruolo e mettendolo di fatto fuori gioco alle successive elezioni. Secondo la giudice, infatti, la sua intenzione di ricandidarsi faceva «ritenere che continuerà a garantire i suoi favori e imporre i suoi “placet” ai suoi accoliti pur di consolidare il suo bacino clientelare». Sarebbero stato quattro, secondo l’impostazione accusatoria, i concorsi "viziati", con candidati selezionati in base a logiche clientelari, tramite «una gestione direttoriale centrale da parte del presidente Pittella», sulla base di un piano delle assunzioni «calibrato sulla necessità di collocamento del personale». Di tutto questo, oggi, non rimane nulla. «Mio fratello Marcello assolto da ogni accusa - ha commentato Gianni Pittella, senatore del Pd e sindaco di Lauria (Potenza) -. Tre anni di calvario mediatico- giudiziario. Sono molto felice per lui, per il nome che portiamo, per la memoria di mio padre, per le sofferenze di mia madre. Sono felice. Non so dire altro».

Assieme a Pittella, ora, sono stati assolti anche l’attuale direttore del Dipartimento salute animale della Regione Puglia, Vito Montanaro, Giovanni Battista Bochicchio (ex direttore generale del Crob Rionero), Maddalena Berardi (ex direttrice amministrativa dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza), Vito D'Alessandro (dirigente dell'Asm), Davide Falasca (dirigente dell'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza), Graziantonio Lascaro (imprenditore), Cristoforo Di Cuia (medico dell'Asm), Gaetano Appio (imprenditore), Carmela e Claudio Lascaro (imprenditori) e Roberto Lascaro (Asm).

In totale, invece, sono sette le condanne, tutte inflitte a dirigenti sanitari. Benedetto è stata condannata a 5 anni di reclusione, Quinto a 2 anni e 6 mesi. Per l’ex dirigente dell’Azienda sanitaria di Potenza, Giovanni Berardino Chiarelli, è arrivata una condanna a 2 anni e 6 mesi, mentre per l’ex dirigente amministrativo del Centro di Riferimento Oncologico di Basilicata di Rionero in Vulture (Potenza), Giovanni Amendola, la pena è stata di 2 anni e 6 mesi. Condannati, infine, anche la funzionaria dell’Asm, Anna Rita Di Taranto, a 2 anni di reclusione, la funzionaria del Crob, Angela Capuano, a un anno e quattro mesi, e la dirigente dell’Asm, Maria Evangelista Taccardi, a un anno di reclusione.