Sono 28.000 le domande di esonero contributivo presentate dagli avvocati alla Cassa previdenziale forense, per le quali ci sono stati tre mesi di tempo per l’inoltro (5 agosto - 2 novembre 2021). Sono stati però in 25.100 a veder riconosciuto questo beneficio, previsto dall’art. 1, comma 20, della legge 178/2020 (legge di bilancio per il 2021), integrato poi dall’art. 3 del D.L. 41/2021 (decreto legge Sostegni). Si tratta del 10% dei professionisti forensi (245.000 nel 2020, secondo gli ultimi dati dell’ente previdenziale degli avvocati), e su questa limitata percentuale hanno pesato diversi fattori, come spiega Valter Militi, presidente della Cassa Forense: “Il requisito della riduzione del 33% del fatturato nel 2020, rispetto a quello del 2019, è stato molto selettivo, soprattutto per coloro che avevano già nel 2019 un basso reddito (ossia inferiore a 15.000 euro). A questo si aggiunge la circostanza che il reddito degli avvocati si basa su pagamenti diluiti nel tempo, per cui gli effetti della riduzione dell’attività non si registrano subito sul fronte della cassa, che è necessariamente il riferimento per la quantificazione del reddito da dichiarare. Insomma, non è stata una sorpresa che il valore dell’aiuto, erogato dalla cassa forense ai propri iscritti, sia passato dai 240 milioni del reddito di ultima istanza, ai 68 milioni dell’esonero contributivo”. Le domande presentate dalle donne (16.800) sono state superiori a quelle dei loro colleghi uomini (11.100), pur essendo nell’avvocatura prevalente il genere maschile (127.700) su quello femminile (117.800). Anche le istanze accolte confermano questa tendenza (15.100 le donne, 10.000 gli uomini). Può essere questa una conferma che le professioniste hanno subito maggiormente l’impatto della crisi del Covid-19? “E’ indubbio – ammette Militi – che il profilo tipico dell’avvocato maggiormente in difficoltà sia giovane, donna, e localizzato nel mezzogiorno, anche se è innegabile che la crisi abbia colpito tutto il mondo della professione forense. D’altronde, i dati sugli iscritti all’albo degli avvocati evidenziano come 10 anni fa la differenza tra il numero di professionisti uomini e donne era di oltre 20.000 unità, che si è ridotta a 10.000 negli ultimi anni, e questo lascia immaginare che i nuovi iscritti siano prevalentemente donne”.

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Un altro elemento che colpisce è la distribuzione territoriale, e se da una parte non sorprende molto che il foro di Roma presenti la maggiore numerosità di domande presentate (circa 2.500, di cui 2.200 approvate), seguita da Napoli (1.750, di cui 1.550 approvate) e da Milano (1.500, di cui 1.400 approvate), dall’altra può stupire un poco che la Campania con 4.200 domande (di cui 3.700 approvate) e la Puglia con 3.200 (di cui 3.000 approvate), contribuiscono da sole ad oltre il 25% delle domande presentate. Va detto però che in queste regioni risiedono il 23% degli avvocati italiani, e quindi la percentuale delle domande è sostanzialmente in linea con quella della distribuzione territoriale dei legali. Ma vista la scarsa spesa per l’esonero contributivo, stimato in 250-300 milioni per l’intero mondo delle professioni, c’è da chiedersi che fine faranno i restanti 700 milioni, considerato lo stanziamento di 1 miliardo di euro per la misura dell’esonero contributivo: “Secondo tutti gli esponenti del mondo delle professioni, incluso me – sottolinea il Presidente della Cassa Forense – queste risorse residue dovrebbero continuare ad essere destinate alla categoria dei professionisti, attribuendole, per esempio, ad un fondo, eventualmente alimentato successivamente da una parte delle entrate fiscali generate dalle casse previdenziali, per aiutare i professionisti in difficoltà, con parametri che spetta alla politica definire, ma che dovrebbero basarsi non su un singolo anno, bensì su un periodo di tempo più ampio. D’altronde tutto lascia presumere che la crisi derivante dall’epidemia del Covid-19 non si esaurisca a breve”. Il mantenimento delle risorse residue dell’esonero contributivo è già stato fatto presente dal presidente dell’Adepp, Alberto Oliveti, la cui nomina è stata confermata nei giorni scorsi: “E’ stata una votazione per acclamazione – riferisce Militi – perché si punta a continuare le battaglie per la tutela dei professionisti e delle relative casse, proficuamente portate avanti dalla presidenza di Oliveti negli anni scorsi, e non resta che auspicare che la politica italiana le faccia proprie, anche nell’interesse di tutto il Paese”.