L'aula bunker del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che sorge a fianco al carcere dove sono avvenuti i fatti, si prepara a ospitare questa mattina 108 imputati e circa duecento avvocati, sistemati in due aule collegate virtualmente. Parliamo dell’udienza preliminare per le violenze avvenute il sei aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, che si tiene davanti al gup Pasquale D'Angelo, in cui sono imputati poliziotti della penitenziaria e funzionari del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria.

In aula potrebbero essere presenti in teoria tutti i 108 imputati: di questi solo venti sono attualmente ristretti ai domiciliari, ma potrebbero comunque essere autorizzati a venire in aula liberi. A carico dei venti ancora in arresto il Gup D'Angelo renderà nota stamattina, nel corso dell'udienza, la decisione sulla richiesta di proroga della misura dei domiciliari avanzata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, in particolare dall’aggiunto Alessandro Milita e sostituti Daniela Pannone e Alessandra Pinto.

Santa Maria Capua Vetere, pestaggi in carcere: chi si costituirà parte civile

Il garante campano dei diritti delle persone private della libertà Samuele Ciambriello, che con le sue denunce e la sua documentazione aveva fatto aprire il procedimento, si costituirà parte civile, assistito dall’avvocato Francesco Piccirillo. «Considero – spiega Ciambriello - quest’atto come un dovere morale, civile e istituzionale che è tutt’interno al mio Ufficio e alla sua funzione e che intende contribuire a fare luce sugli episodi di violenza accaduti lo scorso anno nel carcere di Santa Maria Capua Vetere». E conclude: «Mi auguro di essere affiancato da tutte le Istituzioni in questa richiesta di giustizia che deve rafforzare l’esecuzione penale e i diritti di tutti i cittadini, anche quelli detenuti. La costituzione di parte civile è una battaglia di civiltà tesa a restituire al sistema penitenziario la sua dignità, anche in nome di tutte le migliaia di operatori penitenziari che con grandi sacrifici, quotidianamente, operano nelle carceri del nostro paese».

Santa Maria Capua Vetere, cosa contesta la procura

I fatti si verificarono il 6 aprile di un anno fa e i reati contestati a vario titolo sono la tortura, le lesioni, l'abuso di autorità, il falso in atto pubblico e la cooperazione nell'omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine. Un'indagine che si avvale delle immagini delle telecamere di videosorveglianza interne che hanno ripreso quei momenti definiti ' un'orribile mattanza' dal gip di Santa Maria Capua Vetere Sergio Enea, che il 28 giugno scorso emise 52 misure cautelari, spedendo otto agenti in carcere, 18 ai domiciliari, e disponendo tre obblighi di dimora e 23 misure di sospensione dall'attività lavorativa per poliziotti e funzionari, tra cui l'allora capo del Dap in Campania Antonio Fullone ( tuttora interdetto dal servizio).

Le telecamere ripresero i detenuti mentre venivano costretti a passare in un corridoio formato da agenti penitenziari con manganelli e caschi, subendo calci, pugni e manganellate. Tra i quasi trecento detenuti vittime dei pestaggi c'era anche l'algerino Hamine, deceduto il 4 maggio 2020 dopo essere stato tenuto in isolamento dal giorno delle violenze. Dopo il 6 aprile - ha accertato la Procura - iniziò inoltre l'attività di depistaggio da parte di agenti e funzionari con certificati medici falsificati per dimostrare che gli agenti avevano subito violenze dai detenuti.