Il progetto della biblioteca del Cnf parte da lontano e ha avuto tra i suoi promotori l’avvocato Guido Alpa, per oltre dieci anni alla guida dell’avvocatura.

Professor Alpa, come è nata l’idea della biblioteca del Consiglio nazionale forense?

Il progetto nasce su iniziativa dell’allora presidente del Cnf, Emilio Nicola Buccico. Io e l’avvocato Buccico, insieme con Remo Danovi, spinti dalla nostra curiosità intellettuale per la storia dell’avvocatura abbiamo pensato da un lato di fondare una collana dell’editore “Il Mulino”, dedicata ai temi della storia dell’avvocatura, da un altro lato decidemmo di organizzare, all’interno della nuova sede del Cnf, a Roma, in Via del Governo Vecchio, una biblioteca che raccogliesse sia gli atti relativi ai congressi degli avvocati dalla fine dell’Ottocento, l’Ordine forense è stato disciplinato per legge nel 1874, sia i libri scritti dagli avvocati per gli avvocati. A questi si aggiunsero le raccolte di dibattiti e discorsi dell’avvocatura. Oltre a “Il Mulino”, ci siamo rivolti all’editore “Giuffré”, soprattutto per la pubblicazione dei discorsi dell’avvocatura. Mentre la prima linea editoriale cercava di introdurre l’interesse per l’avvocatura e l’attività forense sul ruolo degli avvocati nelle istituzioni, rivolgendosi ad un pubblico di media cultura, anche non giuristi, l’altra linea editoriale era dedicata soprattutto alla segnalazione delle opere dei grandi avvocati del passato, che sono considerati gli emblemi della professione forense.

La raccolta contiene esclusivamente libri?

Non solo. Si tratta di una biblioteca che, raccogliendo atti e documenti della seconda metà dell’Ottocento, non è così rilevante con la sua importanza storica, come alcune biblioteche straordinarie che sono di proprietà di Ordini forensi di antica istituzione. Per esempio la più prestigiosa è la biblioteca dell’Ordine di Napoli, custodita a Castel Capuano. Proprio perché l’idea era quella di raccogliere questi documenti e libri di carattere specialistico, scritti dagli avvocati per gli avvocati, abbiamo cominciato anche a fare acquisti di libri italiani e stranieri di epoche precedenti. Abbiamo tutti i discorsi di D’Aguesseau e quelli di Dupin. Con un occhio di riguardo verso gli avvocati francesi, che, in qualche modo, hanno costituito la cultura propria dell’avvocatura formatasi nei secoli passati. Ci sono anche dei documenti di particolare interesse storico, come gli antecedenti dei codici etici che oggi sono in vigore in Italia e in tutto il mondo. Questa ricerca ci serviva non solo per soddisfare curiosità di carattere intellettuale, ma per segnalare quale fosse stato il ruolo istituzionale e culturale degli avvocati in tutte le epoche e in particolare in Italia. Da sottolineare che questo era un discorso che univa sia la pratica forense che l’accademia e, quindi, anche la formazione universitaria.

Le Università hanno svolto nei secoli scorsi un ruolo primario per la formazione degli avvocati…

In tutte le Università, nelle sedi originarie trovavano spazio due grandi scienze che nei secoli scorsi erano considerate essenziali: la teologia e il diritto. Questa tradizione è rimasta viva ancora oggi. Nelle sedi universitarie più antiche la facoltà di giurisprudenza si trova lì dove una volta veniva ospitata la facoltà di teologia. Questo lo si può vedere in tante Università italiane: a Milano, a Genova, a Bologna. Questo richiamo storico è utile per il discorso che stiamo facendo a proposito della biblioteca del Cnf. Ci interessava vedere in che modo gli avvocati consideravano la loro categoria. Qual era la funzione non soltanto forense e destinata alla risoluzione delle controversie. Ma anche alla tecnica del ragionamento. Gli studi della logica giuridica e il ruolo, da un punto di vista storico, avuto dagli avvocati nelle istituzioni. Nei Parlamenti, nei Governi e in tutte quelle vicende di carattere politico in cui venivano messi in discussione i diritti delle persone. I grandi momenti di questa storia riguardano la costituzione degli Ordini e quindi il controllo degli stessi da parte degli avvocati in funzione della loro autodichia. Gli avvocati che giudicano gli avvocati per il comportamento tenuto e la difesa in favore dei cittadini dai soprusi dell’autorità. Sono molto significative le ricerche commissionate che hanno colmato una grande lacuna di carattere storico sull’avvocatura nel Risorgimento, il ruolo degli avvocati nell’Unità d’Italia, il ruolo degli avvocati nel corso del ventennio fascista. Ci sono stati avvocati che hanno sostenuto il regime ed altri che lo hanno contrastato.

Avete avviato anche una ricerca sugli avvocati nella Resistenza?

Si tratta di una ricerca che deve essere completata. Ci sono a tal riguardo figure leggendarie, appartenute agli Ordini del Nord Italia, ma anche del Centro e del Sud, che hanno combattuto contro i fascisti e i nazisti. Figure che consentono di conoscere un pezzo fondamentale della storia del nostro Paese, che hanno contribuito nel secondo dopoguerra a rifondare l’Italia. La storia, poi, dei presidenti del Consiglio nazionale forense comprende figure luminose. Mi riferisco in particolare a Calamandrei. Prima e dopo Calamandrei abbiamo avuto altri grandi giuristi, luminari del diritto penale, del diritto civile, del diritto pubblico e del diritto amministrativo. I documenti che abbiamo recuperato, grazie alla bellissima iniziativa dell’avvocato Vincenzo Di Maggio, saranno messi online, diventando accessibili a tutti, con una biblioteca aperta al pubblico e quindi dispensatrice di idee e di ideali. In tutti i documenti recuperati possiamo trovare una rappresentazione fedele e nello stesso tempo esaltante del ruolo che gli avvocati hanno avuto nella storia del nostro Paese. Sono grato al Cnf per avere avviato la biblioteca forense e per avere, attraverso l’iniziativa dell’avvocato Di Maggio, reso fruibile questi tesori che altrimenti rimarrebbero confinati in un’area riservata a pochi eletti.

È stato in qualche modo abbattuto il luogo comune di una cultura elitaria?

Abbiamo aperto la biblioteca del Cnf al pubblico intero con una funzione certamente formativa e didascalica. Di educazione del cittadino alla conoscenza del diritto, alla conoscenza dei propri diritti, ma anche al ruolo dell’avvocato che esercita la nobile arte della difesa dei diritti. In questo modo si consente agli stessi avvocati di conoscere la straordinaria storia che ha segnato vicende importanti dell’Italia, richiamando gli stessi avvocati alla loro responsabilità con il confronto con figure luminose e coraggiose.

Le vicende dell’avvocatura si intrecciano anche con pagine molto belle della storia del nostro Paese?

Certamente. La storia dell’avvocatura si intreccia con la storia delle Istituzioni. La maggior parte degli estensori del progetto costituzionale erano avvocati, ben consapevoli del ruolo che essi svolgevano e dei contenuti pregnanti della Costituzione. Uno dei meriti della nostra Costituzione è quello di essere scritto con un linguaggio giuridico tecnicamente perfetto. La maggior parte dei parlamentari, fino a qualche anno fa, erano di estrazione forense. La stragrande maggioranza dei Presidenti della Repubblica erano avvocati e professori universitari di giurisprudenza. Per non parlare, poi, degli avvocati che sono diventati magistrati e del dialogo tra l’avvocatura e la magistratura, costruito intorno all’idea di giustizia.

Professore, lei ha richiamato il “linguaggio giuridico tecnicamente perfetto” che caratterizza la Costituzione. Una perfezione smarrita dal legislatore di oggi?

Purtroppo, non c’è più quella attenzione tecnica presente un tempo. Le leggi sono magmatiche. Il numero delle leggi è diventato altissimo e non è neanche facile seguire nei testi una perfezione linguistica. Molte volte questo fatto determina incertezze interpretative e quindi alimenta quel contenzioso giudiziario che potrebbe essere più contenuto.