Dopo quasi due anni di una detenzione preventiva che ha violato tutti i diritti della difesa, Patrick Zaki uscirà di prigione. «Abbiamo appreso che la decisione è la rimessa in libertà ma non abbiamo altri dettagli al momento» ha spiegato l’avvocata. Hoda Nasrallah.

Una svolta insperata fino a qualche giorno fa in una vicenda che in nessuno dei suoi passaggi ha mai autorizzato ottimismi e che al contrario ha fatto più volte temere il peggio. Lo studente egiziano iscritto all’Università di Bologna in ogni caso non è stato prosciolto nel processo a suo carico in Egitto, dove è accusato di attività sovversiva e di fiancheggiamento del terrorismo a causa di un articolo apparso su internet in cui aveva criticato il regime militare guidato dal generale al- Sisi, in particolare la pesante repressione di cui è vittima la minoranza a cui lui stesso appartiene, quella copto- cristiana che rappresenta circa il 15% per cento della popolazione. Zaki potrà attendere fuori dal carcere la prossima udienza prevista l' 1 febbraio.

La decisione di terminare la custodia cautelare è stata presa al termine dell'udienza che si è tenuta ieri mattina al tribunale di al- Mansoura alla periferia del Cairo. Alla base della scarcerazione di Zaki, secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche qualificate che hanno seguito il dossier da vicino, ci sarebbe anche un’intensa attività diplomatica portata avanti dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e dal suo omologo egiziano, Sameh Shoukry.

Soltanto nell’ultimo periodo, i ministri si sono visti a New York, ma anche a Parigi e a Barcellona. Nel primo caso, in occasione della 76ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite dello scorso settembre, si è svolto un incontro bilaterale tra i due ministri con al centro ovviamente il caso Zaki. Recentemente, poi, un altro incontro a margine della Conferenza di Parigi sulla Libia del 12 novembre, fino alla ministeriale Ue- Vicinato Meridionale di Barcellona del 29 novembre scorso. Costanti i contatti tra la Farnesina, l’ambasciata italiana in Egitto e il ministero degli Esteri egiziano.

Un lavorìo lungo e complesso che però alla fine sembra aver dato i suoi frutti con la nostra diplomazia che è riuscita a trasformare l’arresto del ragazzo in un caso internazionale. Così il titolare della Farnesina ha accolto la notizia «Primo obiettivo raggiunto: Patrick Zaki non è più in carcere. Adesso continuiamo a lavorare silenziosamente, con costanza e impegno. Un doveroso ringraziamento al nostro corpo diplomatico».

Grande gioia, anche se rimane la consapevolezza che cìè ancora molto da fare, da parte dei familiari e degli amici più stretti, nonché di tutto il mondo dell’associazionismo che da più di 660 giorni si batte affinché il ragazzo possa disporre dei propri diritti.

«E' una notizia che ci dà grande sollievo. Patrick potrà finalmente passare una notte nel letto di casa sua e non sul cemento di una prigione. E’ un fatto che ci rende felici». Ora è il tempo che Patrick si riprenda', ha commentato a caldo il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury che segue l’odissea giudiziaria di Zaki fin dal giorno del suo fermo, anzi, dal suo sequestro al Cairo.

Secondo Nouri, la forte mobilitazione per la liberazione è stata un elemento fondamentale per spingere il mondo politico italiano ad esercitare pressioni sempre più forti sull’Egitto: «Temevamo il peggio perché questi processi presso i tribunali di emergenza finiscono quasi sempre male però questa campagna ha creato così tanta attenzione che la mobilitazione internazionale in tanti settori, dal mondo dell’informazione alle istituzioni, hanno avuto un peso sulla decisione del giudice».

La speranza, ora, è che «ci sia una linea di continuità» e che l’esito dell’udienza del 1 febbraio sia l’assoluzione. La decisione dei giudici lascia ben sperare in un esito positivo per la prima volta dall’inizio del suo calvario.