«Patrick è stato scarcerato». Dopo quasi due anni di una detenzione preventiva, lo studente egiziano dell’università di Bologna arrestato il 7 febbraio del 2020 è uscito dal carcere di Mansoura, all’indomani della decisione del giudice di scarcerarlo e di aggiornare l’udienza al prossimo primo febbraio. Lo comunica su twitter la Ong Eipr per cui Patrick lavorava, postando una foto del giovane ricercatore in strada abbracciato alla sorella Marise. Ad accoglierlo all'uscita dal commissariato, dove è stato trasferito per completare le procedure di rilascio, la mamma, la fidanzata, e la sorella. «Sto bene, sto bene. Forza Bologna!», sono state le prime parole in italiano pronunciate da Zaki. «Aspettavamo di vedere questi abbracci e sorrisi da 22 mesi ora l’emozione è enorme. Patrick Zaki è libero e speriamo che questa libertà provvisoria diventi permanente con l’udienza del 1 febbraio che ci auguriamo sancisca la sua definita uscita dal processo, da questa persecuzione giudiziaria e dalle prigioni egiziane», commenta all’AGI Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italy.

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La svolta, per molti insperata, arriva dopo quasi due anni di detenzione preventiva e la violazione di tutti i diritti di difesa. La decisione di terminare la custodia cautelare è stata presa al termine dell'udienza che si è tenuta ieri mattina al tribunale di al- Mansoura alla periferia del Cairo. Alla base della scarcerazione di Zaki, secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche qualificate che hanno seguito il dossier da vicino, ci sarebbe anche un’intensa attività diplomatica portata avanti dal ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e dal suo omologo egiziano, Sameh Shoukry.Soltanto nell’ultimo periodo, i ministri si sono visti a New York, ma anche a Parigi e a Barcellona. Lo studente egiziano non è stato comunque prosciolto nel processo a suo carico in Egitto, dove è accusato di attività sovversiva e di fiancheggiamento del terrorismo a causa di un articolo apparso su internet in cui aveva criticato il regime militare guidato dal generale al- Sisi, in particolare la pesante repressione di cui è vittima la minoranza a cui lui stesso appartiene, quella copto- cristiana che rappresenta circa il 15% per cento della popolazione. La speranza, ora, è che l’esito dell’udienza fissata al primo febbraio sia una sentenza di assoluzione.