A Verbania vige una tradizione giuridica di tutto rispetto. Il motivo è legato ad uno dei più importanti giuristi italiani, Giuseppe Chiovenda, originario proprio di queste parti ( di Premosello, per la precisione). All’insigne processualcivilista, per sottolineare il contributo immenso dato alla scienza giuridica, sono dedicati centinaia di libri, migliaia di articoli, tanto che si parla di «apostolato del Chiovenda».

Si vedano a tal riguardo gli studi di Franco Cipriani, scomparso nel 2010, ordinario di diritto processuale civile dell’Università degli Studi di Bari. Chissà cosa avrebbe detto il «sommo Chiovenda», che tanto si impegnò ai suoi tempi «per rendere una giustizia intrinsecamente migliore», sulla recente riforma civile e sulla costante compressione dell’oralità nel processo? Il Comune di Premosello ha modificato, allungandolo, il suo nome alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso – Premosello- Chiovenda – per sottolineare un inscindibile legame con il suo illustre concittadino.

Il nostro viaggio nell’avvocatura ci porta proprio a Verbania. Il locale Consiglio dell’Ordine degli avvocati attualmente conta 310 iscritti ( 139 uomini e 171 donne). Rispetto al 2020 l’albo conta cinque iscritti in meno. «Il Coa di Verbania – dice al Dubbio il presidente Marco Marchioni - è forse uno degli Ordini più piccoli d’Italia. Qui abbiamo il pregio, che è anche il difetto, che tutti conoscono tutti e, pertanto, il “controllo sociale”, ma in realtà il forte spirito di colleganza che unisce gli avvocati del Foro, fa sì che siano rarissimi i casi di comportamenti deontologicamente rilevanti tra colleghi».

«Il fatto poi di essere un piccolo Foro e, per giunta, in una località considerata disagiata ha comportato, e comporta tuttora, non poche difficoltà per il ministero a coprire la pianta organica del Tribunale sia in relazione ai magistrati che al personale di Cancelleria. Tuttavia, grazie ad un risalente, costante e costruttivo rapporto tra il Consiglio dell’Ordine, il Tribunale e la Procura, gli effetti negativi di questa situazione sono stati attenuati»

«Il Tribunale di Verbania, già nell’aprile 2020, in pieno lockdown, con l’inserimento delle udienze da remoto ed il deposito degli atti via pec aveva ripreso in parte l’attività e, facendo di necessità virtù, ha consentito, tra i primi in Italia e grazie alla lungimiranza dell’allora Presidente Terzi, l’introduzione del Pct». Quasi due anni di tribolazioni provocate dall’emergenza sanitaria hanno molto modificato le attività dei legali. «Dallo scoppio della pandemia – commenta il presidente Marchioni - tante cose, e persone, sono cambiate, ma l’immutato spirito di collaborazione tra avvocatura e magistratura, nel rispetto dei reciproci ruoli, oltre che il continuo positivo confronto che solo in un piccolo Foro è fortemente incentivato consente di affrontare e superare le quotidiane sfide che la professione ci presenta».

Marchioni rivolge un pensiero agli aspiranti avvocati e a coloro che si accingono ad indossare la toga. «Ritengo che fare l’avvocato, ora come allora, comporti impegno, dedizione, serietà e preparazione. È evidente però che il proliferare di norme, non soltanto a livello nazionale, ma anche a livello europeo, renda più complesso il lavoro del professionista forense rispetto a quello che, forse, era, fino a venti anni fa. La difficoltà, rispetto ai decenni passati, penso comunque sia rimasta immutata. Ciò che è più difficile oggi non è fare l’avvocato ma essere avvocato, ossia approcciarsi ogni giorno ai problemi ed alle difficoltà dei cittadini non solo dal punto di vista professionale, ma sostenendoli moralmente in scelte o percorsi difficili della loro vita».

Marchioni non nasconde una visione romantica della professione: «Venendo da una famiglia di avvocati ed essendo cresciuto in un Foro di piccole dimensioni, con tutti i pregi ed i difetti connessi, ho ancora la visione dell’avvocato come un soggetto che svolge la professione non solo per vivere e mantenere la propria famiglia, come giusto che sia, ma pure per dare al cliente quel quid pluris alla base delle istanze del Cnf, volte al rafforzamento del ruolo dell’avvocato in Costituzione».

Nel Coa di Verbania sono diversi i professionisti che guardano ad un impiego nella pubblica amministrazione come ad un porto sicuro. «Molti avvocati hanno partecipato con esiti positivi, e questa è ulteriore dimostrazione della competenza e preparazione della categoria, ai concorsi pubblici, così come è evidente che detta scelta sia stata dettata da una crisi generale che ha colpito il Paese e, di riflesso, l’avvocatura, portando, per la maggior parte dei casi, giovani colleghi a navigare verso più tranquilli lidi». Tutto questo non significa che avremo una fuga dall’avvocatura.

«Sinceramente – afferma il presidente del Coa di Verbania - non so dire se in futuro avremo meno toghe o se, sotto un certo punto di vista, ciò sia auspicabile. Il numero degli avvocati in Italia è ragguardevole e analizzando i dati forniti da Cassa Forense non può sfuggire come più della metà di questi abbia un reddito inadeguato rispetto non soltanto al necessario e costante aggiornamento che tutti noi dobbiamo avere ma anche ai costi di studio, alla sempre crescente pressione fiscale e, soprattutto, alle responsabilità che quotidianamente ci assumiamo».

Rendere più selettivo l’ingresso nell’avvocatura potrebbe servire? «Non dico che siano necessarie limitazioni all’accesso della professione. Sarebbe opportuno però che il Governo vigilasse sulla corretta applicazione dell’equo compenso da parte delle società pubbliche e dalle cosiddette big companies, oltre a rivedere, in aumento, i criteri ed i parametri di liquidazione delle difese d’ufficio e del gratuito patrocinio. Ritengo infatti controproducente, oltre che svilente ed oltraggioso, sottopagare professionisti che con impegno, serietà e dedizione difendono ogni giorno i diritti dei più deboli, anche economicamente» .