I lager nazisti, di Stalin, esistono e «sono vicini alle nostre coste», alle nostre spiagge, «l’odio di oggi si chiama filo spinato», «la migrazione forzata non è un’abitudine quasi turistica». Papa Francesco lancia un durissimo atto di accusa all’Occidente e a quella cultura dell’indifferenza, in cui «è tanto facile guardare da un’altra parte» e che ci abitua ad «addormentarci così, tranquilli». Durante l’incontro di preghiera ecumenica con i migranti, nella Chiesa di Santa Croce di Nicosia - ultimo appuntamento pubblico di Cipro, in vista della partenza domani per Atene - il Pontefice con un lungo intervento a braccio, alla presenza di circa 200 migranti implora di «aprire gli occhi», perché «non si può tacere» e guardare oltre, e sottolinea come l’odio sia «un veleno da cui è difficile disintossicarsi», «una mentalità distorta, che invece di farci riconoscere fratelli, ci fa vedere come avversari, come rivali, quando non come oggetti da vendere o da sfruttare». Prima dell’intervento di Francesco, quattro giovani migranti (Thamara da Silva dallo Sri Lanka; Maccolins Ewoukap Nfongock dal Camerun; Rozh Najeeb, dall’Iraq; Mariamie Besala Welo, dalla Repubblica Democratica del Congo) raccontano le loro toccanti storie. Bergoglio afferma di essersi commosso, un’altra volta. «Voi non siete stranieri, ma concittadini», dice e ricorda di aver visto «testimonianze filmate» di «posti di tortura, di vendita di gente». «Questo lo dico perché è responsabilità mia aiutare ad aprire gli occhi», ribadisce con forza. «Noi ci lamentiamo quando leggiamo le storie dei lager del secolo scorso, quelli dei nazisti, quelli di Stalin, ci lamentiamo quando vediamo questo e diciamo: ’ma come mai è successo questo?’. Fratelli e sorelle: sta succedendo oggi, nelle coste vicine! Posti di schiavitù». «Ascoltando voi, guardandovi in faccia, la memoria va oltre, va alle sofferenze», afferma il Papa. «Voi siete arrivati qui: ma quanti dei vostri fratelli e delle vostre sorelle sono rimasti per strada? Quanti disperati iniziano il cammino in condizioni molto difficili, anche precarie, e non sono potuti arrivare? Possiamo parlare di questo mare che è diventato un grande cimitero. Guardando voi, guardo le sofferenze del cammino, tanti che sono stati rapiti, venduti, sfruttati..., ancora sono in cammino, non sappiamo dove». Per il Pontefice «è la storia di una schiavitù, una schiavitù universale». «Noi guardiamo cosa succede, e il peggio è che ci stiamo abituando a questo. ’Ah, sì, oggi è affondato un barcone, lì... tanti dispersi...’. Ma guarda che questo abituarsi è una malattia grave, è una malattia molto grave e non c’è antibiotico per questa malattia! Dobbiamo andare contro questo vizio dell’abituarsi a leggere queste tragedie nei giornali o sentirli in altri media». E Francesco continua: «Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro perchè li hanno respinti e sono finiti nei lager, veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini torturati, schiavizzati...». «È la guerra di questo momento, è la sofferenza di fratelli e sorelle che noi non possiamo tacere», è la denuncia del Papa. «La migrazione forzata non è un’abitudine quasi turistica: per favore! E il peccato che abbiamo dentro ci spinge a pensarla così: ’Mah, povera gente, povera gente!’. E con quel "povera gente" cancelliamo tutto». «Coloro che hanno dato tutto quello che avevano per salire su un barcone, di notte, e poi... senza sapere se arriveranno... E poi, tanti respinti per finire nei lager, veri posti di confinamento e di tortura e di schiavitù. Questa è la storia di questa civiltà sviluppata, che noi chiamiamo Occidente», aggiunge Francesco che si scusa se dice «le cose così come sono», ma «vorrei dire - sottolinea - quello che ho nel cuore, almeno per pregare l’uno per l’altro e fare qualcosa» perché «non possiamo tacere». «E poi, i fili spinati. Uno lo vedo qui: questa è una guerra di odio che divide un Paese. Ma i fili spinati, in altre parti dove ci sono, si mettono per non lasciare entrare il rifugiato, quello che viene a chiedere libertà, pane, aiuto, fratellanza, gioia, che sta fuggendo dall’odio e si trova davanti a un odio che si chiama filo spinato», continua invocando il Signore affinché «risvegli la coscienza di tutti noi davanti a queste cose». Al termine della preghiera ecumenica il Papa saluta alcuni dei rifugiati che da Cipro saranno trasferiti in Italia, su iniziativa dello stesso Pontefice. Saranno 50 in tutto (tra loro famiglie con bambini) provenienti da Siria, Congo, Camerun e Iraq. I primi 12, conferma il Vaticano, arriveranno in Italia prima di Natale, poi gli altri tra gennaio e febbraio. Il loro trasferimento e l’accoglienza sarà reso possibile grazie a un accordo tra la Segreteria di Stato, le Autorità italiane e cipriote, e la collaborazione con la Sezione per i Migranti e Rifugiati della Santa Sede e la Comunità di Sant’Egidio. (di Eliana Ruggiero, agenzia Agi)