Aveva denunciato l’ex marito per maltrattamenti e, tra le altre cose, per averle imposto il velo integrale. Ma il sostituto procuratore di Perugia Franco Bettini ne aveva chiesto l’archiviazione. Ieri la svolta: la procura di Perugia ha revocato la richiesta di archiviazione dopo l’opposizione da parte della donna, di nazionalità marocchina ma residente in Italia, alla decisione di chiudere l’indagine nella quale è stato ipotizzato il reato di maltrattamenti. La revoca della richiesta è stata decisa dallo stesso magistrato e giustificata dalla «necessità di effettuare ulteriori attività investigative». In ragione di ciò, la donna sarà sentita in procura nei prossimi giorni. Nei giorni scorsi, il procedimento aveva ricevuto attenzione mediatica, soprattutto in relazione a una frase contenuta nella richiesta di archiviazione relativa alla questione del velo: nel documento si diceva che «la condotta di costringere a tenere il velo integrale rientra nel quadro culturale, pur non condivisibile in ottica occidentale, dei soggetti interessati». Il procuratore del capoluogo umbro Raffaele Cantone, che ha confermato la delega al suo sostituto, ha parlato - attraverso una nota - di «una frase estrapolata». Intanto, il legale della donna si è detto soddisfatto della decisione della procura ma ha chiesto ulteriori approfondimenti. «Non condivido del tutto l’impostazione del procuratore, che sembra circoscrivere la questione alla frase sul velo, mentre l’intera vicenda presenta numerosi risvolti, comprese violenze e minacce ricevute dalla vittima, che non sono emersi», ha spiegato Gennaro De Falco, che già qualche settimana fa, in un'intervista al Dubbio, aveva ribadito che «sui diritti non si negozia».  «La procura - ha commentato De Falco - ha quantomeno riconosciuto la non opportunità di questa frase. Ma per noi non è solo una questione di opportunità, bensì di diritto. Chi sta in Italia deve rispettare la legge italiana. Il quadro culturale di riferimento è un’idea del Pubblico ministero, che io non condivido». «Anche perché - ha aggiunto il legale - ci sono donne di cultura islamica perfettamente integrate nel nostro Paese senza necessità di portare il velo. Ricondurre la vicenda a un presunto quadro culturale è una semplificazione pericolosa». Che, secondo il legale, tradisce una attenzione inadeguata da parte della magistratura nell'emissione dei provvedimenti. Oltre a questi aspetti, secondo quanto spiegato dall’avvocato, la vicenda ne nasconde che nella ricostruzione della procura non sarebbero emersi. «Nella decisione di archiviazione - ha proseguito De Falco - veniva scritto che la mia assistita non sarebbe mai stata minacciata di morte. Io mi chiedo: devono esserci per forza minacce di morte o esistono minacce di altro tipo? Tra le motivazioni, si escludeva anche che la donna avesse subito aggressioni fisiche tali da costringerla alle cure sanitari. Bisogna per forza finire in ospedale per dichiarare di essere stati aggrediti?». In ogni caso, De Falco ha espresso soddisfazione per la decisione della procura di revocare la richiesta di archiviazione, una decisione che, commenta l’avvocato, «accade raramente». «Di certo, quel riferimento al velo, finito al centro dell’attenzione mediatica, ha permesso quantomeno che la vicenda venisse approfondita. In tal senso, siamo stati fortunati. Molto spesso denunce simili finiscono in archiviazione», ha concluso De Falco.