Come hanno reagito le correnti della magistratura ai richiami del Presidente Sergio Mattarella? Il Capo dello Stato ha recapitato un doppio pro memoria: innanzitutto, il dibattito sul sistema elettorale del Csm deve concludersi con una riforma «che sappia sradicare accordi e prassi elusive di norme che, poste a tutela della competizione elettorale, sono state talvolta utilizzate per aggirare le finalità della legge» ; inoltre, ha rammentato, il Csm «è chiamato ad assicurare le migliori soluzioni per il funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, senza mai cedere ad una sterile difesa corporativa».

Riforma del Csm, parlano le toghe

Vediamo. Giuseppe Marra, consigliere Csm di “Autonomia e Indipendenza”, ci dice: «Condivido il pensiero del Presidente. È stato infatti tradito lo spirito elettorale della riforma del 2002, che aveva come obiettivo quello di consentire al singolo magistrato di presentarsi alle elezioni, pur non appartenendo ad una corrente: si è tradotto nel risultato opposto, con un rafforzamento del potere delle correnti. Il sistema di voto peggiore è proprio quello maggioritario con collegio unico nazionale. Nessuno, fatta eccezione ad esempio per Di Matteo, è talmente conosciuto a livello nazionale da non aver bisogno del supporto di un gruppo. A me quello che preme è che la riforma elettorale assicuri una quota di proporzionalità e che i collegi siano quanto più possibile territoriali».

Riguardo alla «sterile difesa corporativa», per Marra il Presidente si stava riferendo «a quelle parti della riforma dell’ordinamento giudiziario che riguardano da un lato i criteri per le nomine dei direttivi e semi-direttivi e dall’altro le valutazioni di professionalità dei magistrati, che sono positive per il 98% dei casi, e che molti chiedono di modificare. In realtà le valutazioni vengono svolte in maniera rigorosa. L’aspetto più importante è scegliere le persone più capaci e svincolate da legami correntizi, che applichino criteri oggettivi nella scelta dei vertici degli uffici. Certo la discrezionalità del Consiglio rimarrà sempre ma deve essere scollegata da logiche di appartenenza» .

Albamonte sulla riforma del Csm

Diversa la prospettiva di Eugenio Albamonte, segretario di “AreaDg”: «Individuo due temi nelle dichiarazioni del Presidente Mattarella: il primo è relativo al fatto che le pratiche del Consiglio non siano influenzate dalle dinamiche distorsive delle correnti. L’altro è quello di un Csm che non assuma una posizione di retroguardia, legata ad un atteggiamento di resistenza corporativa rispetto a riforme della giustizia che si muovano in favore di una maggior efficienza e credibilità in linea con le aspettative della società. Condivido entrambi i moniti del Presidente: mi fa molto piacere che abbia sottolineato l’importanza della riforma del Csm e del suo sistema elettorale. Noi, come gruppo, diciamo da sempre che una delle cause delle dinamiche di alterazione e stravolgimento della funzione consiliare sia legata sicuramente al rafforzamento del ruolo delle correnti e di potentati personali all’interno del Consiglio. Quindi ribadisco: è impensabile che si vada a votare con l’attuale sistema elettorale o con altri sistemi ricostruiti sulla base di questo. Le parole del Presidente sono un monito anche per la ministra Cartabia e per il Governo a mettere in campo velocemente una riforma del sistema elettorale del Csm».

Sulla possibilità che Mattarella facesse riferimento a una chiusura rispetto ad altri aspetti della riforma dell’ordinamento, Albamonte conclude: «Da parte nostra non c’è stata mai una chiusura rispetto alle altre riforme del Consiglio. La riforma elettorale è la prima cosa da fare ma non è l’unica. Senza entrare nel merito di una disamina puntuale, ritengo che nella prima proposta di riforma Bonafede e adesso in quella della Commissione Luciani ci siano molti spunti positivi che migliorano sia l’efficienza del Consiglio che la sua trasparenza. L’impianto generale in cui si muovono entrambe è molto condivisibile. Non ci sarebbe un atteggiamento di chiusura corporativa rispetto a questi cambiamenti. È ovvio però che neanche si può tacciare di corporativismo la singola considerazione di maggiore o minore apprezzamento. Non si può accettare tutto acriticamente».

Riforma del Csm, parla il presidente di Unicost

Di sprone al legislatore parla anche Rossella Marro, presidente di Unicost: «Credo che il Presidente abbia voluto sollecitare la politica a intervenire per una riforma del sistema elettorale del Csm che metta un freno alle distorsioni verificatesi in passato. Su questo siamo d’accordo, ma auspichiamo che la riforma consenta di avere un Csm capace di rispecchiare le diverse sensibilità presenti in magistratura. Però su un aspetto bisogna essere chiari: nessun sistema elettorale può essere la panacea alle distorsioni che si sono verificate. Se si sono registrate criticità nella materia delle nomine dei direttivi e semi-direttivi, anche a causa della genericità dei criteri di nomina, si intervenga su questo, ma non si mortifichino le diverse sensibilità con un sistema che agevoli la creazione di due poli contrapposti. La demonizzazione dei gruppi associativi, il preteso ridimensionamento degli stessi nella competizione elettorale, può portare a rischi ancora più gravi, ossia alla creazione di cordate sotterranee, e politicamente irresponsabili rispetto agli elettori, a sostegno dei candidati».

Marro ci tiene a precisare che «l’esistenza dei gruppi all’interno della magistratura è ineliminabile, ma non c’è dubbio ovviamente che vada recuperato l’afflato culturale al loro interno. Tuttavia se siamo arrivati a questo punto, la responsabilità è anche della politica, che ha dato vita nel 2006 alla riforma dell’ordinamento giudiziario: quell’intervento ha indubbiamente insinuato il seme del carrierismo, modificando il dna dei magistrati. La riforma relativa agli Uffici di procura ha accentuato la loro verticalizzazione e l’interesse di certa politica per le nomine dei vertici della magistratura requirente. Ora bisognerebbe avere il coraggio di tornare indietro sui propri passi, ristabilendo una serie di principi che prima erano ben chiari, per cui, ad esempio, non esiste una magistratura superiore e una inferiore».

L'opinione di Magistratura Indipendente sulla riforma del Csm

Infine Angelo Piraino, segretario di Magistratura Indipendente, ritiene invece che «il Presidente Mattarella abbia voluto invitarci a non imitare certi comportamenti della politica: all’interno del Csm le singole correnti hanno creato dei gruppi, un po’ come avviene all’interno del Parlamento. Credo quindi che Mattarella speri in un Consiglio superiore in cui non ci siano più condizionamenti esterni, che però vanno distinti da quelle che sono le sensibilità culturali, le quali non possono venir meno».

Quando poi Mattarella parla di «sterile difesa corporativa», Piraino è d’accordo nel rilevare che «il corporativismo, come difesa delle prerogative del gruppo, è sintomo di chiusura. Da questo punto di vista è chiaro il ragionamento del Capo dello Stato, che chiede di guardare all’interesse della collettività. Però bisogna anche capire che quando alcuni gruppi rivendicano il fatto che i magistrati italiani non sono messi in condizioni lavorative adeguate, questa rivendicazione non è fatta nell’interesse del singolo ma della collettività».

«Un giudice che è messo in condizioni di lavoro sbagliate rischia di fare errori a scapito dei cittadini da lui giudicati. Oggi ci stanno chiedendo di alzare i nostri standard di produttività per rispondere alle esigenze del Pnrr. Noi faremo la nostra parte, ma qualcuno si preoccupa della qualità delle decisioni che andremo a prendere per smaltire processi e velocizzare i tempi, come ci viene richiesto? Difendere gli interessi della magistratura non significa sempre difendere una corporazione, ma un servizio alla collettività».