Tutti contro la lottizzazione dei partiti in Rai. Tranne al momento delle nomine. Così, il Movimento 5 Stelle - da sempre nemico della spartizione, fatta salva la parentesi dei due governi Conte - ora sbraita, si agita, sbraccia. Perché il partito di maggioranza relativa in Parlamento è rimasto fuori da tutti i giochi di potere di Viale Mazzini. E ora Giuseppe Conte punta il dito contro tutti: contro l'amministratore delegato, contro il governo, contro gli altri partiti. Tutti responsabili del complotto anti grillino. Perché la lottizzazione farà pure schifo, ma se tutti lo fanno perché proprio il Movimento non dovrebbe? La coerenza non è proprio il tratto distintivo dei pentastellati - capaci di indossare qualsiasi divisa e cambiare costantemente prospettiva e posizioni in base alle contingenze - e l'ex premier non fa che continuare a camminare su un solco già tracciato da altri. Ma accusare l'ad Fuortes di aver «scelto la vecchia logica della lottizzazione», escludendo «il partito di maggioranza relativa, che rappresenta 11 milioni di elettori», suona proprio come un nonsense.

Nomine Rai, il mancato "invito" al M5S

L'accusa, semmai, dovrebbe essere opposta: di essere uscito, cioè, dal seminato lottizzatore proprio attraverso l'esclusione del partito maggiore, a cui, secondo antichi manuali, sarebbe toccata una bella scorpacciata di nomine. Conte, in altre parole, non se la prende con la lottizzazione in sé ma col mancato invito al banchetto del Movimento 5 Stelle. E l'esclusione non rivela una congiura del sistema contro l'unica forza etica, disinteressata al potere e alle sue logiche, denuncia semmai l'incapacità di quella organizzazione di partecipare a un gioco al quale fino a poco tempo fa recitava un ruolo da protagonista. Reinventarsi puri all'improvviso è un esercizio comune a tutte le forze politiche, ma sarebbe meglio far passare un po' di tempo tra una posizione e l'altra. Perché gli italiani avranno pure memoria breve, ma non così tanto.