La parola d’ordine è rapidità. E più che un invito, è un vero e proprio monito quello che Mario Draghi ha rivolto alla magistratura amministrativa in occasione dei 190 anni del Consiglio di Stato. Nel suo messaggio per la cerimonia che si è tenuta oggi a Torino alla presenza del capo dello Stato, il premier ha infatti esortato la platea a dare il proprio «contributo fattivo» per realizzare gli obiettivi del Pnrr per una giustizia più efficiente. Certo non a scapito della «qualità», e «senza prescindere dalla necessaria considerazione delle istanze di equità sociale e di tutela dei diritti e degli interessi legittimi», ha sottolineato Draghi. «I 190 anni dell’editto di Racconigi e i 50 anni della legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali, sono l’occasione per rivolgere lo sguardo sugli sviluppi della giustizia amministrativa, ricordando a noi tutti che la ripresa di un Paese, più che mai in questo delicato momento, poggia sulla collaborazione e sullo sforzo sinergico di tutti i poteri e le istituzioni che devono essere in grado di accompagnare l’evoluzione della società, rispondendo alle esigenze di rilancio dell’economia», è la premessa formulata dal presidente del Consiglio. «Tutto questo - ha aggiunto - presuppone una giustizia amministrativa efficiente e di qualità, improntata a regole chiare, a tempi certi e alla tutela delle posizioni giuridiche. In sede di Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato valorizzato il ruolo della giustizia amministrativa individuando, come noto, misure di rafforzamento finalizzate a incrementare la produttività e a ridurre l’arretrato». Almeno del 70% in tutti i gradi di giudizio entro la metà del 2026, secondo il Piano. Per realizzare questo obiettivo, garantendo «anche per il nuovo contenzioso la ragionevole durata del processo», il premier «confida» nel contributo di tutti. «So che i tempi della giustizia amministrativa italiana sono già oggi competitivi con quelli di altri paesi europei - ha premesso Draghi - ma quello che serve in questo momento è consolidare una visione della giurisdizione, specie quella amministrativa, che sia sempre più consapevole dell’impatto economico delle proprie decisioni e che da tale consapevolezza sappia trarre non certo un condizionamento dei giudizi, ma un utile elemento di conoscenza». Insomma, ha chiosato il premier, «il giudice deve applicare le norme ad una realtà che è mutevole e per farlo deve comprendere e conoscere quella realtà». Di pari avviso il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, per il quale «il giudice, pur indipendente e imparziale, non è né può essere lo spettatore al sicuro che osserva una nave nel mare in tempesta». «È necessario - ha spiegato - che noi giudici amministrativi per primi assumiamo la responsabilità del ruolo che svolgiamo. Un ruolo che entra nella vita quotidiana degli individui e delle imprese, che richiede una costante cura della nostra competenza professionale». Quanto alla sfida lanciata dal premier, Patroni Griffi tara gli obiettivi futuri sul “modello” della pandemia. Quando, cioè, «i poteri “invasivi” richiesti dalle misure di emergenza hanno imposto al giudice tempi immediati nelle decisioni e un accorto uso della tecnica del bilanciamento». Certo del fatto che durante la pandemia «la giustizia amministrativa ha retto la responsabilità con tempestività ed equilibrio», il capo del Consiglio di Stato, ne conclude che ciò «vuol dire saper stare al passo con le trasformazioni del potere, seguendole ma mai consentendo l’arbitrio o anche il semplice esercizio non corretto del potere».