Il sindaco di Firenze, Dario Nardella, spiega che «è necessaria una concreta riforma dell’abuso d’ufficio, che evidenzi i casi da sanzionare davvero» riassume in poche parole le richieste dei primi cittadini al governo sul tema Pnrr: «semplificare, semplificare, semplificare, altrimenti rischiamo di perdere un’epocale occasione di sviluppo e cambiamento profondo del nostro Paese».

Sindaco Nardella, il presidente dell’Anci e primo cittadino di Bari, Antonio Decaro, ha definito la riforma dell’abuso d’ufficio «una battaglia di dignità per mettere i sindaci nelle condizioni di poter governare con più serenità». È d’accordo?

Assolutamente d’accordo. I sindaci, come ha ribadito anche il presidente Mattarella a Parma, sono essenziali per il funzionamento del Paese e per la realizzazione del Pnrr. Per questo è fondamentale che siano messi nelle migliori condizioni per poter governare: questo significa continuare ad assumersi le proprie responsabilità, ma in maniera consapevole e quanto più possibile serena. Passatemi una battuta: un sindaco, se si impegna e cerca di fare presto per risolvere le cose, rischia l’abuso di ufficio, se invece temporeggia rischia l’omissione di atti d’ufficio. La riforma tende a distinguere in maniera più precisa tra responsabilità tecnica e politica, lasciando la responsabilità penale per casi specifici. Mi sembra un’evoluzione normativa ormai necessaria, anche con una concreta riforma dell’abuso d’ufficio, che evidenzi i casi da sanzionare davvero.

Caso emblematico del rapporto tra sindaci e giustizia è quello dell’ex primo cittadino di Lodi, Simone Uggetti, di recente attaccato in Parlamento dai 5S. È sulla contrapposizione tra giustizialismo e garantismo che si gioca il futuro del rapporto tra Pd e grillini?

Quella di Uggetti è stata una vicenda drammatica, che non deve ripetersi. Non è solo un fatto di norme, ma di qualità del confronto e del dibattito pubblico. La gogna, che sia mediatica o politica, è sempre sbagliata. Mi sembra che anche tra i Cinque Stelle ci sia stata una grossa maturazione su questo tema, Di Maio lo ha detto chiaramente proprio dopo il caso Uggetti. Non credo, quindi, che il rapporto tra Pd e M5S si giochi più sulla contrapposizione tra giustizialismo e garantismo, ma sui contenuti, sull’impegno europeista e riformista, sul futuro dell’Italia che siamo chiamati a costruire.

Mattarella ha espresso parole di riconoscenza e solidarietà per i sindaci, lo stesso farà oggi Draghi a Parma. Qual è il suo giudizio sull’assemblea dell’Anci di questi giorni?

Un’assemblea importante, che segna la ripartenza del Paese nel dopo covid, e lo fa rimettendo al centro l’attività dei sindaci e dei Comuni. È stato emozionante tornare in presenza e vedere così tante fasce tricolori, tante persone che si mettono in gioco ogni giorno, sindaci che amano il proprio territorio e il proprio Paese. Dopo aver affrontato in prima linea la battaglia contro il virus, i Comuni si pongono al centro della rinascita.

Cosa l’ha colpita di più di questi tre giorni?

A Parma ho ascoltato con grande interesse gli interventi del presidente Mattarella, del sindaco Decaro e della ministra dell’Interno Lamorgese. Semplificare le procedure, lavorare sui bisogni dei più deboli, saper innovare le nostre società, l’attenzione ai temi del lavoro, la salvaguardia dell’ambiente: ci sono sfide che vanno affrontate subito e vanno affrontate con forza e determinazione. A Parma si è avuta la conferma che i sindaci ci sono, con l’entusiasmo di sempre e qualche consapevolezza in più.

A proposito di sfide: un altro tema sul tavolo è quello del Pnrr, con la richiesta al governo da parte dei sindaci di sbloccare i fondi il prima possibile, pena l’impossibilità di utilizzarli al meglio per le proprie comunità. Cosa chiedete nello specifico?

Semplificare, semplificare, semplificare. Solo semplificando le procedure sarà possibile poter pensare di rispettare i tempi che il Pnrr ci detta. Le scadenze sono due: 2023 per le progettazioni e appalti, 2026 per la definitiva conclusione delle opere. Ma in Italia il tempo per la realizzazione di un’opera pubblica di media grandezza è intorno ai dieci anni. È evidente che bisogna cambiare passo. Con regole nuove e personale adeguato potremmo vincere questa sfida. Altrimenti, se sottovalutiamo questi temi, rischiamo di perdere un’epocale occasione di sviluppo e cambiamento profondo del nostro Paese.

Si parla molto della possibilità di inserire alcuni sindaci tra i delegati regionali per l’elezione del presidente della Repubblica. Solo una richiesta simbolica o ritenete necessaria una riforma costituzionale in tal senso?

Il tema è politico: riconoscere le città, anche in un passaggio importante come l’elezione del presidente della Repubblica, come parte integrante del sistema istituzionale del Paese. Sarebbe bello se fosse un riconoscimento non solo simbolico, ma che si trovasse il modo di regolamentarlo.