Dopo il rinnovo della Commissione direttivi, il Csm riprende in mano il fascicolo sulla nomina del procuratori di Roma, a pochi giorni dall’udienza davanti alla Cassazione per la trattazione dei ricorsi presentati da Michele Prestipino, fissata per il 23 novembre.

Caso Prestipino, ecco la nuova commissione

Le Sezioni Unite dovranno pronunciarsi sulla sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha annullato la delibera che a marzo 2020 aveva designato l’ex numero due di Giuseppe Pignatone come suo successore alla guida degli uffici giudiziari capitolini. A gestire la situazione saranno ora il togato Antonio D'Amato (Magistratura Indipendente), nuovo presidente della V Commissione, e il laico M5S Fulvio Gigliotti, relatore. Assieme a loro a comporre la “squadra” della direttivi ci sono il laico Alessio Lanzi (Forza Italia) e i togati Alessandra Dal Moro (Area), Sebastiano Ardita (indipendente) e Michele Ciambellini (Unicost). I primi punti da affrontare riguardano questioni procedimentali riferite ai giudizi del Consiglio di Stato, risolte le quali si potrebbe arrivare davanti al plenum con una proposta già la prossima settimana.

In corsa anche Viola e Lo Voi

Difficile, allo stato attuale, che la Commissione possa riproporre Prestipino, date le pronunce di Palazzo Spada, che hanno bocciato il metodo di valutazione del Csm. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, sia il procuratore generale di Firenze Marcello Viola sia il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi avevano più titoli di Prestipino per occupare la poltrona della procura capitolina. Escluderli, dunque, è stata una decisione «immotivata», macchiata di «manifesta irragionevolezza» - come si legge nella decisione relativa al ricorso di Viola contro la nomina -, allorquando il Csm ha valorizzato le funzioni di aggiunto svolte per appena poco più di tre mesi da Prestipino, senza prendere «in adeguata considerazione» lo svolgimento, da parte di Viola, «per ben tre anni, della funzione direttiva di secondo grado di procuratore generale presso una delle principali Corti d’Appello italiane».

Inoltre, il Csm avrebbe erroneamente attribuito maggior peso all’esperienza di Prestipino in materia di criminalità organizzata, senza tenere adeguatamente conto delle esperienze di Viola quale procuratore della Repubblica di Trapani, «un territorio con una radicata presenza di complesse strutture criminali di tipo mafioso». Storia simile nel caso di Lo Voi, più titolato, secondo i giudici, di Prestipino. Un particolare, hanno sentenziato le toghe di Palazzo Spada, del quale il Csm dovrà tenere nel decidere chi sarà il nuovo capo della Procura di Roma.

Sarebbe stato infatti necessario «un particolare onere di motivazione» per dimostrare che l’esperienza di coordinamento di Lo Voi, già procuratore a Palermo, possa essere considerata meno meritevole rispetto a quella di Prestipino, «il quale, nonostante l’estensione dei compiti di sua spettanza e la riconosciuta capacità con cui li ha gestiti, ciò ha fatto quale procuratore aggiunto, e dunque, in quanto nello svolgimento di funzioni semidirettive, in via solamente mediata». E proprio con riguardo all’attività di coordinamento «assume, quasi per sua natura, valore dirimente lo svolgimento delle funzioni direttive rispetto a quelle semidirettive».

Il Csm, dal canto suo, si è “schierato” al fianco di Prestipino - che accusa il Consiglio di Stato di «eccesso di potere» -, decidendo di costituirsi davanti alla Cassazione per stabilire entro quali limiti le proprie decisioni siano sindacabili dalla giustizia amministrativa. Una scelta polemica, che potrebbe però finalmente chiarire se i principi adottati dal Csm nel caso romano e poi replicati in altre situazioni - primo fra tutti quello della “continuità territoriale” - siano da cestinare, così come stabilito sia dal Tar sia dal Consiglio di Stato.

Cosa non ha valutato il Csm sulla nomina di Prestipino

Nelle sue sentenze, Palazzo Spada ha risposto ai timori del Csm, smentendo alcun tipo di invasione di campo. I giudici amministrativi si sarebbero infatti limitati a rispettare l'obbligo di assicurare «la puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti di fatto costituenti il quadro conoscitivo posto a base della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l’effettività della comparazione tra i candidati, e dunque, in definitiva, la sufficienza della motivazione». Ed è proprio questo il punto sul quale il Csm sarebbe inciampato: per affidare incarichi direttivi o semidirettivi, infatti, «essenziale è la motivazione sulle attitudini, ed i relativi indicatori posseduti dai candidati, che deve dare conto delle ragioni che giustificano una valutazione di maggiore capacità professionale e che conducono a preferire un candidato rispetto agli altri». Un obbligo che nel caso della nomina a procuratore di Roma non sarebbe stato rispettato.