«All’inizio non ci azzeccavo molto con questa procura e non ci azzeccavo molto nemmeno con Milano. Sono venuto qui a dire grazie a Francesco perché nel frastuono di quei giorni, di quei momenti, non l’ho fatto, non ne ho avuto il coraggio. Grazie per quello spirito di squadra che è riuscito a darmi». Sono le parole di un collega di sempre, Antonio Di Pietro, ad accompagnare Francesco Greco al passo d’addio. Il procuratore di Milano andrà in pensione il 23 novembre, a 70 anni compiuti, lasciando dietro di sé le macerie di un ufficio che ora, a trent’anni da Mani pulite, rischia di finire a processo. Arrivato con una procura spezzata dalla contesa tra il predecessore, Edmondo Bruti Liberati, e il suo vice, Alfredo Robledo, Greco è il penultimo ancora in toga del pool di cui resta solo il più giovane del gruppo, Paolo Ielo, procuratore aggiunto a Roma. A investirlo il giorno della presentazione fu Francesco Saverio Borrelli, la guida dai magistrati di Tangentopoli: «Sono certo - disse - che sarà capace di pilotare la navicella puntando sulla coesione e l’armonia dell’ufficio». Di certo non avrebbe potuto immaginare che Greco avrebbe chiuso i suoi cinque anni a Milano nel mezzo di una guerra intestina. Una «tempesta» - quella seguita alla vicenda dei verbali di Amara e al caso Eni - che la procura è però in grado di superare «come tante altre», assicura Greco nell’aula gremita del tribunale dove oggi si è tenuta la cerimonia d’addio. «La mia speranza era che oggi ci fossimo tutti noi» magistrati del pool, dice Di Pietro puntando il faro su due assenze ingombranti: Piercamillo Davigo e Ilda Boccassini. «Abbiamo fatto quello che abbiamo fatto con coscienza, non per scopi politici, non per rompere l’ordinamento dello Stato, ma per assicurare alla giustizia dei delinquenti», chiosa l’ex pm. A ricordare quella «dolorosa» stagione è anche Gherardo Colombo, l’ex magistrato del pool che non manca all’appello e per l’occasione rimette piede nel Tribunale di Milano a distanza di 16 anni. Da parte sua, Greco molla il timone con la convinzione di lasciare una procura «ben organizzata ed effice». Al di là, sottolinea, «di tante chiacchiere e strumentalizzazioni». «Fra qualche giorno - spiega - verrà presentato l’ultimo bilancio sociale che abbiamo stilato e i numeri e i risultati lo dimostrano». Quindi il saluto commosso: «È difficile fare un bilancio di una storia durata quasi mezzo secolo e iniziata il 29 gennaio 1979 - racconta - il giorno in cui è stato ucciso Emilio Alessandrini, un magistrato che non mai conosciuto ma uno dei simbolo che mi hanno convinto a entrare in magistratura». «La storia degli uffici giudiziari di Milano - conclude Greco - ha accompagnato la storia di questo paese» dagli Anni di piombo alla connessione globale, «elencare la storia di questi anni è come un grande libro che attraversa le grandi questioni di questo Paese. Abbiamo sempre fatto il nostro dovere, si sono dette tante cose, ma da quel 29 gennaio a oggi sempre qui dentro sono stato. Non abbiamo fatto sacrifici, abbiamo compiuto il nostro dovere con responsabilità».