«Guerra popolare alla pandemia», il nome è pomposo e scimmiotta la celebre teoria della guerra popolare di lunga durata, concepita e messa in pratica da Mao Zedong durante la Rivoluzione. In pratica è unoffensiva rivoluzionaria portata avanti con il sostegno della gente, incaricata di individuare i nemici del popolo. Qui però non si tratta di schiacciare la borghesia con laiuto attivo del proletariato ma di venire a capo di un nemico più infido, il Covid 19, che sta tornando a sferzare la Cina. E per farlo le autorità di Pechino, fin dallinizio dellemergenza, hanno sempre adottato la linea dura: per fermare i contagi, ogni mezzo è considerato necessario, la morte del virus conta più di tutto, senzaltro conta più dei diritti individuali e collettivi che in Cina non hanno mai goduto di grande considerazione. Lultima frontiera di questa battaglia senza quartiere lha tracciata la provincia settentrionale di Heilongjiang, al confine con la Russia dove negli ultimi giorni si è registrata unimpennata considerevole di casi: «sradicheremo il morbo in dieci giorni!», promettono le autorità. Le quali hanno approvato un pacchetto di misure straordinarie contro il coronavirus, lennesimo. Di che si tratta? Di un sistema che si basa essenzialmente sulla pubblica delazione. Ogni cittadino è infatti chiamato a denunciare chiunque viene trovato ad infrangere i protocolli sanitari disposti dal governo, una mascherina abbassata, un assembramento abusivo, una quarantena non rispettata, un confinamento violato e scatta la denuncia. Che si stia parlando del proprio vicino di casa, del collega di lavoro, di un commerciante, di un semplice passante incrociato per la strada. Ufficialmente si invita la popolazione a sorvegliare comportamenti impropri e dannosi per la collettività come «il commercio, la caccia, il contrabbando di animali e il traffico di persone che varcano la frontiera per andare a pescare», si legge nel comunicato del governatore. Ma arruolare i cittadini e trasformarli tutti in potenziali gendarmi e controllori non può che generare un clima di caos e sospetto generalizzato. E cè da scommettere che nei prossimi giorni saranno tantissime le segnalazioni .Anche perché le ricompense promesse sono davvero invitanti: fino 100.000 yuans, circa 13mila e cinquecento euro, una cifra considerevole per il paese asiatico. Questo mentre i funzionari di Pechino da oltre un anno e mezzo tracciano con maniacale precisione e perseveranza i movimenti dei cinesi tramite i sistemi di videosorveglianza e di controllo satellitare dei telefoni cellulari,