Questa mattina il Senato andrà alla conta sul ddl Zan. Il pomeriggio più lungo della proposta di legge contro l’omotransfobia si è concluso infatti con un nulla di fatto, dal momento che il tentativo di Pd, M5S e Leu di far rimuovere la “tagliola” presentata da Lega e Fratelli d’Italia non ha dato esito positivo. L’Aula di palazzo Madama voterà dunque sulla richiesta di non procedere all’esame dei singoli articoli e tornare quindi in commissione, di fatto un affossamento del ddl Zan.

Dopo due lunghe riunioni cariche di tensione i partiti di maggioranza non hanno trovato un accordo e sono stati inutili anche i tentativi del segretario del Pd, Enrico Letta, che aveva fatto appello «a tutte le forze politiche» per evitare il ricorso alla “tagliola”, una «pietra tombale» per il ddl Zan. «Sarebbe uno schiaffo alla maggioranza della società italiana che vuole una risposta su questi temi - aveva scandito Letta - Questa risposta la vuole una maggioranza larga degli italiani e soprattutto i giovani» .

Al tavolo convocato dal presidente della commissione Giustizia del Senato, il leghista Andrea Ostellari, erano presenti i rappresentati di Pd, Italia Viva, Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e una rappresentanza del gruppo Misto. Assenti M5S e Leu, che in una nota a firma del capogruppo grillino al Senato e di Loredana De Petris di Leu avevano affermato di essere «assolutamente favorevoli e disponibili al confronto», ma sottolineando che «il presupposto indispensabile per un serio dialogo è quello di ritirare la cosiddetta tagliola della richiesta del non passaggio agli articoli, dal momento che determinerebbe l’affossamento del provvedimento stesso».

I dem hanno cercato di convincere il centrodestra a ritirare la pregiudiziale, ma senza successo. Parallelamente alla capigruppo, lo stesso Zan e la presidente dei senatori Pd, Simona Malpezzi, avevano iniziato un giro di incontri per cercare un’intesa il più larga possibile. Tentativo risultato poi vano.

«Domani Forza Italia, Lega e Fd’' I evitino la “tagliola’” e poi possono iniziare il confronto per arrivare a una mediazione sulla legge - aveva detto Zan all’uscita dal Nazareno, ieri mattina - E chiariscano perché vogliono togliere l’identità di genere che è un riferimento giuridico di tutela per le persone discriminate».

Una buona fetta della partita si è giocata nel rapporto tra Pd e Italia Viva, con i renziani che, portata a casa la nuova volontà di dialogo dei dem, hanno provato a tirare la corda per ottenere il massimo risultato. Cioè un nuovo testo, basato sul ddl Scalfarotto come chiesto dal capogruppo di Iv al Senato, Davide Faraone. «Quel testo per noi sarebbe un’ottima mediazione ha detto il colonnello renziano all’uscita dall’incontro avuto dalla delegazione di Iv con Zan e Malpezzi prima della riunione con Ostellari - L'intesa possibile si fa tra le forze politiche e i gruppi parlamentari di Camera e Senato, in modo che il testo che esce fuori da Senato è identico a quello che si voterà alla Camera, senza perdere un minuto, nel dover ricominciare la discussione da capo».

Il punto è proprio questo, visto che ripartire dal ddl Scalfarotto avrebbe significato accantonare definitivamente il ddl Zan e rendere vana la votazione già avvenuta a Montecitorio. Ma all’uscita dalla capigruppo, la presidente dei deputati renziani, Maria Elena Boschi, è stata netta. «Se domani (oggi, ndr) si vota, lo Zan rischia di essere affossato per sempre - ha spiegato - noi facciamo un appello al buon senso come ha detto Letta e chiediamo di fare modifiche condivise: chi preferisce affossare la legge si prenderà le proprie responsabilità». Un buco nell’acqua. Alle 9: 30 il testo arriva dunque in Aula, dove l’ultimo terreno di scontro sarà sulla richiesta del voto segreto, che la Lega ha detto di voler avanzare.