La settimana scorsa, davanti alla commissione Giustizia della Camera, il magistrato Roberto Scarpinato ha dato una notizia che a noi de Il Dubbio risulta inedita e di grande rilevanza. «Le trattative condotte dai capi detenuti – ha spiegato l’ex capo della procura generale di Palermo - , venivano contemporaneamente seguite con piena condivisione da parte dei capi in libertà nel corso di summit di mafia, ai quali, come risulta da una intercettazione del 2006, partecipava anche Bernardo Provenzano il quale, per un verso, rassicurava tutti sul fatto che bisognava avere pazienza perché la normativa sull’ergastolo ostativo sarebbe stata smantellata così come era stato garantito…».

Si tratterebbe di un'intercettazione clamorosa

Parliamo di una intercettazione clamorosa. Se corrisponde alle esatte parole riportate da Scarpinato ( e non abbiamo motivi per dubitarne visto che sono state riferite in un luogo istituzionale) , è una prova quasi decisiva dell’avvenuta trattativa. È la prima volta che si sentirebbe parlare, direttamente dalla bocca di un boss di grandissimo calibro, dell’avvenuto patto con lo Stato volto a garantire benefici alla mafia. Il Dubbio è interessato ad avere questa intercettazione, perché mette in discussione la linea editoriale del nostro giornale sul teorema trattativa Stato-mafia.

L'intercettazione non risulta essere stata prodotta nei processi

Risulta che però non è mai stata prodotta ai processi sul tema. Uno è ovviamente il processo sulla trattativa Stato-mafia, l’altro è il Mori-Obinu. Parliamo di processi entrambi sostenuti – e persi - dalla pubblica accusa rappresentata proprio dal magistrato Scarpinato. Soprattutto per il Mori-Obinu, una intercettazione di tale portata avrebbe potuto avere effetti devastanti. Parliamo del processo sulla cosiddetta mancata cattura di Provenzano. Secondo l'accusa, nell'ottobre del 1995, pur essendo a un passo dalla cattura del boss corleonese, grazie alle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo, gli ex Ros Mario Mori e Mauro Obinu non fecero scattare il blitz che avrebbe potuto portare all'arresto del capo mafia garantendogli un'impunità che sarebbe durata fino al 2006. Sono stati assolti con formula piena. Eppure, questa intercettazione inedita, segnalata la settimana scorsa da Scarpinato, avrebbe potuto rafforzare l’idea di una presunta impunità garantita a Provenzano. Non solo.

L'intercettazione potrebbe cambiare le carte in tavola

Anche per il processo Trattativa questa intercettazione sarebbe stata importante. Il teorema, ora sconfessato dalla sentenza d’Appello, narra che Provenzano, dopo le stragi del '92, sarebbe entrato in gioco e avrebbe consentito la cattura di Totò Riina con la complicità degli ex Ros pretendendo, tra l'altro, che il covo del capomafia "venduto" non fosse perquisito. Non c’è alcuna prova, solo ragionamenti che secondo Il Dubbio rasentano il fallimento logico. Ma se, e non si ha motivi di dubitare, esiste una intercettazione del 2006 dove si sente Provenzano dire che lo Stato gli avrebbe garantito lo smantellamento dell’ergastolo ostativo, potrebbero cambiare le carte in tavola.

La voce di Provenzano è stata sentita per la prima volta quando fu catturato

L’intercettazione è clamorosa anche per altri due motivi. Uno riguarda la voce di Provenzano. Risulta, almeno secondo il racconto ufficiale, che è stata sentita per la prima volta l’11 aprile del 2006: ovvero quando “Zio Binnu” viene catturato. Nei mesi precedenti alla cattura, gli inquirenti hanno compiuto intercettazioni alla casa della famiglia del padrino. A tradirlo fu la biancheria. Il gruppo guidato da Renato Cortese composto da 27 uomini e una donna, riuscirono a trovare il luogo della latitanza dopo aver seguito un uomo che uscì dalla casa della famiglia di Provenzano e che trasportava della biancheria pulita. Secondo la versione ufficiale, parliamo di un'inchiesta portata avanti non grazie alle rivelazioni dei pentiti o intercettazioni nei confronti del boss mentre partecipava ai summit di mafia, ma con un'attività investigativa "classica". Parliamo di pedinamenti, oppure di seguire le strade percorse dai famosi "pizzini", i pezzi di carta con cui il boss - prudentissimo, attentissimo a non usare mai telefoni e cellulari - comunicava con famiglia e affiliati. Anche al momento dell'arresto, Provenzano ne aveva alcuni in tasca. E vicino a lui - sorpreso mentre cucinava della cicoria - la famosa macchina da scrivere utilizzata per impartire ordini.

Il termine "ergastolo ostativo" è stato coniato nel 2010 dal giurista Andrea Pugiotto

C’è anche un altro motivo che risulta a dir poco clamoroso. Scarpinato, sempre riferendosi a questa intercettazione del 2006, dice testualmente che Provenzano avrebbe appunto parlato di “ergastolo ostativo”. Un motivo in più per poter leggere queste intercettazioni. Sì, perché in quel periodo, nemmeno i giudici e avvocati conoscevano il termine di “ergastolo ostativo”. Non compare in nessuna norma, ma è un’espressione coniata dalla dottrina a partire dal 2010, primo tra tutti dal giurista Andrea Pugiotto grazie ai saggi sull’argomento. Per essere ancora più precisi, ci viene in aiuto l’ex ergastolano ostativo Carmelo Musumeci. A Il Dubbio racconta che fino a meno di dieci anni fa, nessun detenuto condannato all’ergastolo per reati di mafia si era reso conto cosa prevedesse tale norma, nata dopo la strage di Capaci. Nessuno di loro lo sapeva perché ancora non avevano maturato i termini. Ma quando gli arrestati di quel periodo hanno cominciato a maturare 20/25/30 anni e più di carcere, si sono scontrati con l’ostatività dei loro reati.

Uno dei primi a rilevare la criticità dell'ergastolo ostativo è stato il presidente del tribunale di Sorveglianza di Perugia

Uno dei primi tribunali di Sorveglianza che ne parlò è stato quello di Perugia, presieduto da Paolo Canevelli, il quale in un intervento al Convegno carceri del 2010 disse: «Per finire, e qui mi allaccio al progetto di riforma del Codice Penale, non so se i tempi sono maturi, ma anche una riflessione sull’ergastolo forse bisogna pur farla, perché l’ergastolo è vero che ha all’interno dell’Ordinamento dei correttivi possibili con le misure come la liberazione condizionale, ma ci sono moltissimi detenuti oggi in Italia che prendono l’ergastolo tutti per reati ostativi e sono praticamente persone condannate a morire in carcere».

L'intercettazione andrebbe messa a disposizione dei politici che stanno modificando la legge sull'ergastolo ostativo

Ora però cambia la storia. Esiste una intercettazione, almeno secondo quanto ha riferito il magistrato Scarpinato in commissione Giustizia, dove Provenzano avrebbe coniato il termine “ergastolo ostativo”. Nel 2006 non lo conoscevano i giudici, gli avvocati e nemmeno i detenuti stessi ristretti nelle carceri. Il boss detto anche “'u Tratturi” (il trattore), risulterebbe quindi un fine conoscitore della dottrina. Ha coniato il termine anni prima dei giuristi. A questo punto, le intercettazioni, se non sono state prodotte in commissione Giustizia, bisognerebbe farlo. Sono parole clamorose, se letterali così come riportate da Scarpinato. L’intercettazione andrebbe fatta leggere e messa a disposizione soprattutto dei politici che stanno elaborando una nuova legge sull’ergastolo secondo quanto indicato dalla Consulta. C’è chi – come soprattutto il M5S - vuole restaurare l’ergastolo ostativo, soprattutto sulla base di racconti di questo tipo.