Non solo quelli di sorveglianza, ma anche i magistrati che hanno lottato contro il terrorismo e criminalità organizzata difendono i principi espressi dalla Consulta sulla modifica dell’ergastolo ostativo. Uno di quelli è il giudice Guido Salvini che, audito in commissione Giustizia della Camera, ha rilevato suggerimenti e taluni aspetti critici soprattutto presenti nella proposta di legge a firma del Movimento Cinque Stelle. Anche in questo caso, a differenza di altri suoi colleghi antimafia, il magistrato Salvini è entrato nel merito, facendo esempi concreti per poter suggerire alcune correzioni (o integrazioni se pensiamo alla proposta a firma della deputata Dem Enza Bossio) alle proposte di legge sull'ergastolo ostativo. Ricordiamo che parliamo di una modifica legislativa dopo le sentenze delle Alte Corti relative all’illegittimità della preclusione assoluta dei benefici per chi ha deciso di non collaborare con la giustizia. In sostanza si trattava di ritornare al decreto originale ideato da Giovanni Falcone, quello che poi è stato inasprito dopo la strage di Capaci. Il giudice Guido Salvini, in commissione Giustizia, ha premesso che negli anni si è occupato soprattutto di terrorismo, però anche di criminalità organizzata come l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel Nord. Ha innanzitutto distinto il discorso della dissociazione riguardante gli ex terroristi da quello relativo gli ex appartenenti alle mafie. Le organizzazioni terroriste come le br, non esistono più. Ci sono irriducibili tuttora in galera che potrebbero uscire e non trovare più i loro riferimenti del passato. Cosa differente, però rispetto al terrorismo internazionale. Per quanto riguarda la criminalità organizzata, ovviamente è diverso. Nonostante gli innumerevoli arresti dei capi, gregari della mafia, l’organizzazione mafiosa esiste tuttora e l’atto criminale continua a riprodursi nel territorio. Salvini fa un esempio. «Un anno e mezzo fa – ha spiegato il giudice – è stato scarcerato per fine pena, dopo 26 anni, il boss della ‘ndrangheta Rocco Papalia. Parliamo di Buccinasco, una di quelle zone del nord chiamate le “Platì del nord”. Papalia è andato a vivere in una parte della sua villetta, mentre un’altra era stata confiscata e passata in uso ad una associazione che tratta i minori disagiati. Ebbene – ha sottolineato Salvini -, questo signore si è messo a protestare perché c’è un cortile tra le due parti di cui lui voleva l’uso così come ce l’hanno i ragazzi disagiati». Per il giudice Salvini era chiaramente una provocazione. Ha fatto causa civile al comune e quando gli è stato detto che lui dovrebbe scusarsi per il crimine che ha commesso, Papalia ha risposto testualmente: «Non devo scusarmi io, perché ho costruito mezza Buccinasco e casomai è il sindaco che deve andarsene». Guido Salvini ha raccontato questo episodio per evidenziare un punto fondamentale. L’ex boss si limita a dire che ha fatto i conti con la giustizia, non può continuare per via dell’età a delinquere: ma facendo provocazioni di quel tipo, rimane comunque un esempio per i nuovi affiliati. Che fare allora? Salvini non dice, quindi, di non concedere i benefici, ma fa una proposta: «Per la concessione dei benefici – ha spiegato il giudice in commissione giustizia –, c’è bisogno di aggiungere un altro elemento indicatore che dimostri la chiusura con quel mondo, anche come simbolo». Quale? «Che il detenuto – ha proposto il giudice - si ponga come soggetto che faccia capire all’esterno che i suoi comportamenti non siano da imitare». Salvini prende come spunto interessante la proposta della deputata Bruno Bossio sull'ergastolo ostativo, dove si parla di “dichiarazione pubblica”. Un aspetto significativo, anche se di difficile realizzazione. «Il detenuto non deve solo limitarsi nel dire che non commetterà più reati, ma dichiarare di non seguire il suo esempio. Lo strumento potrebbe essere l’utilizzo di quei mediatori di giustizia riparativa, di cui l’implemento è previsto dalla riforma Cartabia», ha sintetizzato Salvini. Il giudice, in perfetta linea con il suo collega Fabio Gianfilippi, critica la proposta del M5S di accentare le competenze al tribunale di sorveglianza di Roma. «Sia per ovvi motivi di organico e ristrutturazione di questo organo giudicante – ha evidenziato Salvini -, sia perché ci può essere una minor conoscenza delle singole realtà territoriali che sono il cuore pulsante del potere delle mafia, quindi una distanza dall’oggetto del discutere».