Riportiamo di seguito l’intervento pronunciato da Marco Siragusa, presidente della Camera penale di Trapani, al congresso Ucpi dello scorso fine settimana a Roma. I congressi, come i processi, vivono di sensazioni. Due sono le parole che qualificano questo congresso: garbo e imbarazzo. Il garbo della ministra Cartabia nell’esporre le ragioni di una riforma penale che ha uno scopo (ridurre del 25% i tempi del processo con i soldi dell’Europa), e l’imbarazzo di difenderla glissando sull’evidenza che origina dal suo vizio genetico: l’improcedibilità. Il garbo di Vittorio Manes nel difendere i lavori della commissione Lattanzi e l’imbarazzo di non poter dire - expressis verbis - che la soluzione B sull’improcedibilità era affidata alla scelte della politica e non era l’opzione della commissione. Il garbo di Oliviero Mazza nel trovare il buono della riforma e l’imbarazzo di dover ammettere che la riforma è migliorabile solo estendendo la regola di improcedibilità alle indagini preliminari, sfruttando la leva della norma in bianco contenuta nella legge delega. Il garbo di Giorgio Spangher nel ricondurre a “sistema” la riforma della commissione Lattanzi e a “non sistema” le scelte della politica (quella dei tutti dentro), e l’imbarazzo nel rappresentare i problemi - enormi - che l’improcedibilità produrrà. Il garbo di questo congresso nell’alzarsi in piedi per rispetto alla ministra e l’imbarazzo di dover registrare una standing ovation a chi ha detto quel che tutti sappiamo: il processo penale accusatorio è morto. Il garbo della giunta - abile nel muoversi tra le ragioni del fare politica - e l’imbarazzo di sapere - sempre la giunta - che il sentimento comune di tutti noi è quello della standing ovation a chi, con commozione nel ricordo di Delfino Siracusano, sussurra la morte del processo del 1989. Il garbo della Costituzione e del suo rispetto, e l’imbarazzo delle regole dell’articolo 101, “la linea oltre la quale non si può andare”, come qui ha detto la ministra Marta Cartabia. Il garbo della prima regola dell’articolo 101 della Costituzione, la giustizia è amministrata in nome del popolo, e l’imbarazzo della sua applicazione: il popolo è buttato fuori dai palazzi di giustizia in tutti i giudizi di impugnazione che saranno camerali (accade in Italia e accade in Francia, come abbiamo sentito al congresso). Il garbo del potere, ma l’imbarazzo di esercitarlo su mandato e senza i controlli del (popolo) mandante. Il garbo della seconda regola dell’articolo 101 della Costituzione - i giudici sono soggetti alla legge - e l’imbarazzo di constatare che i magistrati - fuori ruolo - sono i creatori della legge poi ratificata dalla politica sub-valente. E quando essi (magistrati fuori ruolo) non riescono con la legge, riescono sempre i magistrati con l’interpretazione, talvolta a Sezioni unite, poi ratificata dal Parlamento (riforma Orlando docet). E qui devo dire pubblicamente bravo - come ho fatto in privato - al presidente Caiazza per il suo documento diramato venerdì e per il programma di governo presentato al congresso. Il garbo di un programma di governo dell’Unione - condivisibile e autorevole - e l’imbarazzo di non aver discusso dei temi interni. Il garbo del dialogo e l’imbarazzo del silenzio. Questo congresso è tutto qua, tra garbo e imbarazzo. *Presidente Camera Penale di Trapani