«I destini della giustizia passano attraverso il contributo di tutti i suoi protagonisti. E qui l’avvocatura è davvero un attore protagonista in prima linea al servizio della giustizia». È questo l’omaggio che la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha reso ieri all’avvocatura, intervenendo al XVIII Congresso dell’Unione delle Camere Penali Italiane, in corso a Roma, dal titolo "Cambiare la Giustizia, Cambiare il Paese: le proposte dell’avvocatura penale per una nuova stagione delle garanzie”. La ministra ha poi aggiunto: «Avete scelto un tema bellissimo, che coglie lo spirito di fermento che percepisco nella giustizia italiana, un desiderio di fare, l’attesa del cambiamento in atto. Si è compreso che una giustizia che funziona è davvero indispensabile per il cambiamento e il rinnovamento del Paese, sotto ogni aspetto. Quello che frena tanti investimenti esteri non è solo la giustizia civile, ma quella che viene percepito come scarsa affidabilità e risposta della giustizia penale. Dalle aule dei tribunali passa tanto della prosperità del nostro Paese. Nessuno stupore nel fatto che i grandi investimenti che l'Europa ci mette a disposizione passino non solo dal rinnovamento della giustizia civile, ma anche penale. Stiamo lavorando intensamente, siamo al passo con gli impegni presi con l'Europa». E poi l’applauso dell’assise quanto ha sottolineato:« Non ho mai avuto una particolare posizione ideologica, sono scevra da posizioni politiche ma ho un faro chiaro, la linea di orizzonte oltre la quale non si può andare in nessuna mediazione politica: sono i principi costituzionali». Di quest’ultimi ha parlato anche Antonio Mura, procuratore generale presso la Corte di Appello di Roma: «Questo congresso è l’occasione per trovare una cultura comune tra avvocati, giudici e magistratura requirente, ponendo al centro la condivisione del valore del dibattimento, concetto ovvio ma non sempre riconosciuto. Tutto questo passa attraverso la valorizzazione del diritto di difesa, il rispetto della presunzione di non colpevolezza, la corretta comunicazione istituzionale, a prescindere dal fatto che ce lo chieda l’Europa». Gli ha fatto eco l’avvocato Giovanna Ollà, consigliera del Consiglio Nazionale Forense: «La presenza del Cnf era assolutamente doverosa perché c’è stato un lavoro molto importante portato avanti congiuntamente. Nel mio intervento ho focalizzato l’attenzione sulla parola “insieme” non come aggregazione casuale, ma come sinergia tra la rappresentanza istituzionale e quella politica, ognuna nel rispetto delle proprie prerogative. Spesso questo non accade: ciò, non solo non ci fortifica, ma ci indebolisce dinanzi all’opinione pubblica, ma anche nei confronti della forza delle argomentazioni che portiamo avanti». Per quanto concerne la riforma del penale appena varata ci ha detto: «È ancora perfettibile, tuttavia con l’intervento del ministro Marta Cartabia si è superato il peggio che poteva essere la riforma Bonafede. C’è stato ovviamente un ripristino dei valori costituzionali». Il presidente Gian Domenico Caiazza non è intervenuto, sarà oggi il suo giorno. Ma a fare la sintesi delle attività di questi quasi tre anni dall’ultimo congresso di Taormina ci ha pensato Eriberto Rosso, segretario dell’Ucpi, che ha rivendicato l’azione dei penalisti per arginare l’era Bonafede: «Due non brevi astensioni, nei mesi di ottobre e dicembre 2019, sono state il primo atto politico dell’avvocatura penale dopo il nostro congresso di Taormina. Quelle dure e impegnative proteste sono state la traduzione in azione della parola d’ordine delle nostre assise: ottenere la modifica della disciplina della prescrizione voluta dall’allora ministro Bonafede. Siamo stati motori di quella protesta, contro una riforma che era la summa della cultura giustizialista e populista al potere». E ha proposito di riforme ha concluso: «Abbiamo constatato come la ministra abbia dovuto misurarsi con le richieste delle forze politiche giustizialiste, che ancora hanno inteso difendere l’abolizione della prescrizione. Sono gli stessi che, unitamente ad una parte – speriamo davvero minoritaria – della magistratura italiana, vogliono riservare all’ufficio del pm la individuazione delle priorità, frustrare i poteri del giudice nelle indagini, limitare il diritto all’appello. Nello scontro squisitamente politico tra costoro e la ministra Cartabia, noi stiamo con la ministra; e tuttavia, non condividiamo e spenderemo tutte le nostre capacità anche tecniche, invocando l’intervento della Corte delle leggi, contro i meccanismi di doppio binario per il tempo della prescrizione in grado di appello, la genericità dei parametri di riferimento nella disponibilità del giudice».