In un’intervista rilasciata al quotidiano “Libero”, Salvatore Buzzi, principale imputato di “Mafia capitale”, parla della magistratura e della sua vicenda giudiziaria. A tal proposito, Buzzi ha spiegato anche i motivi che lo hanno portato a firmare i referendum sulla giustizia promossi dai Radicali e dalla Lega di Matteo Salvini. «Ritengo doverosa la separazione delle camere.11 pm ha il controllo delle forze di polizia. Ha un potere enorme. Non può essere sullo stesso piano del giudice. E sono contro l'abuso della carcerazione preventiva e per la responsabilità dei giudici. Ora non paga nessuno per gli errori commessi. Se ci fosse la responsabilità civile diretta dei magistrati, Pignatone dovrebbe rispondere dei danni patrimoniali e reputazionali causati alla città di Roma con questa indagine».

(Ex) Mafia Capitale

A Buzzi, il suo processo, non piace chiamarlo “Mafia Capitale". «Ex Mafia capitale, l'aggravante mafiosa è stata esclusa dai giudici. Di 46 arrestati, 18 sono stati assolti. In compenso, 1200 famiglie che lavorano nella 29 Giugno per il comune di Roma nella gestione del verde e dei servizi sono state gettate sul lastrico in quanto la cooperativa è fallita». E aggiunge: «Io e Carminati siamo stati dipinti come mostri che facevamo reati di tutti i tipi, avendo creato un giro di corruzione senza precedenti. Ma è stato dimostrato dopo 228 udienze e 300 testimoni che ho pagato tangenti per soli 65mila euro a fronte di commesse per milioni di euro. Ovvio, non è commendevole, ma che dire di Luca Parnasi che è accusato di aver pagato 200mila euro di mazzette? A me sono anche saltate le attenuanti perché non ho detto che il sindaco Alemanno era corrotto e che Carminati era mafioso. Se lo avessi detto adesso sarei in regime di protezione e avrei i beni che mi hanno confiscato».

Le Comunali di Roma e Palamara

«Io voto Sgarbi. E se potessi, ma non è nel mio collegio, alle politiche voterei Palamara» dichiara Buzzi. «Io sono stato del Pci, poi dei Ds, del Pds ed infine del Pd. La cooperativa 29 Giugno era organica al partito, partecipando a tutte le sue iniziative, ad iniziare dalle campagne elettorali quando si trattava di trovare i voti. Al momento dell'arresto sarebbe stata sufficiente una telefonata di chiarimenti a Pignatone. I vertici del partito avrebbero potuto spiegargli la nostra storia e chi eravamo. Certamente non dei delinquenti. E lui non si sarebbe intestardito con l'accusa di mafia».