L’anno della pandemia ha indotto i giuristi ad aprire un serrato dibattito sui provvedimenti che volta per volta sono stati emanati per contrastare la diffusione del Covid-19 e per garantire all’Italia una reale ripartenza attraverso la tutela del diritto alla salute. L’esplosione della pandemia ha acceso i riflettori su alcune zone d’ombra non regolate giuridicamente. Ne abbiamo parlato con Gerardo Villanacci, avvocato e ordinario di Diritto privato nell’Università Politecnica delle Marche. Secondo l’accademico, nell’attuale contesto è utile riflettere sull’importanza della ricerca scientifica e valorizzarla nella cornice costituzionale.

Professor Villanacci, in Italia manca, rispetto ad altri Paesi europei, una legislazione di emergenza per fronteggiare situazioni come la pandemia?

Effettivamente non esiste in Italia una disposizione legislativa a livello costituzionale per la regolamentazione di casi di emergenza, diversamente da altri Paesi come la Spagna, si pensi all’articolo 116 della Costituzione spagnola, la Francia, con l’articolo 16 della Costituzione, e la Germania. I nostri Costituenti non vollero introdurre una espressa previsione costituzionale di questo tenore, poiché erano condizionati da ciò che si era verificato nel periodo fascista e in Germania con la Costituzione di Weimar. Quest’ultima all’articolo 48 prevedeva la sospensione dei diritti fondamentali in ipotesi eccezionali.

La mancanza di regole o il loro mancato rispetto quali processi potrebbe innescare a livello giuridico e poi sociale?

Anche nei Paesi dove sussiste una legislazione di emergenza le cose non sono andate diversamente da altri dove, come nel nostro, non vi è. In proposito valgano due considerazioni. In primo luogo che, seppure implicitamente, è possibile rinvenire anche nella nostra Costituzione disposizioni emergenziali. A titolo esemplificativo si consideri l’articolo 16, che prevede, in presenza di motivate ragioni di sanità e sicurezza, una limitazione alla libertà di circolazione. L’articolo 77 che conferisce al governo, in presenza di casi straordinari di necessità e urgenza, la possibilità di adottare provvedimenti con forza di legge. Oppure l’articolo 120 il quale stabilisce che, in caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, il governo può sostituirsi agli organi delle regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni. C’è anche un altro aspetto.

Dica pure.

La mancanza di una specifica disposizione in tema di emergenza, consente una più variegata e ampia interpretazione di questo concetto che può estendersi a varie situazioni di difficoltà che potrebbero determinare la necessità di una idonea produzione normativa. Tuttavia, pure in questi casi è imprescindibile esplicitare che i provvedimenti devono essere temporanei e finalizzati al perseguimento di un obiettivo prioritario nell’interesse nazionale, come, per restare nell’attualità, quello di sconfiggere la pandemia ovvero evitarne i contagi.

Il valore della ricerca scientifica, alla luce di quanto sta accadendo in questo particolare momento storico, andrebbe valorizzato ulteriormente all'interno della nostra cornice costituzionale? Sarebbe un elemento di novità?

Dal mio punto di vista, la ricerca scientifica è già un principio costituzionale. Lo stretto collegamento degli articoli 33 e 9 della Costituzione impegnano il nostro Stato a promuoverla essendo evidente il legame della stessa con lo sviluppo del Paese. D’altra parte, la necessità di affermarne la costituzionalizzazione è stata già avvertita durante la costruzione della Costituzione del 1948. Tale valore culturale è stato però possibile conquistarlo lentamente a partire da una storica sentenza della Consulta, la numero 1 del 14 giugno 1956, che, confermando la centralità della persona e il suo benessere nel nostro ordinamento giuridico, in quanto valori assoluti e prioritari, ha implicitamente qualificato come principio costituzionale la ricerca scientifica essendo la stessa strumentale alla realizzazione di tali valori.

Si possono bilanciare le posizioni di chi protesta contro il vaccino e il green pass e chi propende per un obbligo vaccinale?

Un bilanciamento credo sia possibile nel senso di evitare un “muro contro muro”, improduttivo di un risultato utile alla collettività. Affermando il primato della scienza, nella accezione sopra richiamata di ricerca scientifica, va detto che, pur prendendo atto che sono già state formulate delle proposte di riforma costituzionale al fine di ridurre le disfunzioni che il Covid- 19 ha evidenziato, tra le quali la rilevante disomogeneità delle politiche sanitarie regionali, ad oggi è grazie alla Corte Costituzionale italiana e alla Corte di Giustizia europea, che è stato possibile tracciare delle linee interpretative delle regole di tutela della salute, che non vi è motivo di disattendere. Per quanto concerne il green pass, per esempio, al di là delle non secondarie disfunzioni causate da una legislazione alquanto convulsa che pur essendo stata progressivamente migliorata è ancora meritevole di aggiustamenti, è difficile sostenere che la stessa possa aver violato i principi costituzionali ed in particolare quello di cui all’articolo 32. Essendo, per contro, evidente che proprio attraverso l’interpretazione evolutiva delle Corti, si è giunti a considerare il diritto di libertà imprescindibilmente comprensivo anche di un obbligo di responsabilità verso la collettività. In considerazione di ciò, piuttosto che una limitazione di diritti il green pass rappresenta la modalità di esercizio degli stessi, che deve avvenire nel rispetto delle precauzioni volte ad evitare la diffusione del virus. È su queste basi che il Conseil Constitutionnel ha ritenuto infondata la eccepita incostituzionalità della legge francese sulla tessera sanitaria. Uno strumento sostanzialmente analogo al nostro green pass.