Cera una volta, oltre mezzo secolo fa, il golpe Borghese, tentato nella notte dell'Immacolata, 8 dicembre 1970. Probabilmente fu un tentativo di colpo di Stato meno farsesco di quanto non sembrò allora, quando se non lo presero tutti a ridere poco ci mancò. È significativo ricordare che pur in presenza di un vero progetto di golpe, sia pur destinato comunque al fallimento, con tanto di Viminale già occupato e Guardia forestale in marcia nella notte, la reazione dell'Italia, governanti e governati, fu priva di qualsiasi isteria. Nessuno chiese, se non per dovere d'ufficio l'arresto dell'intera galassia neofascista che aveva partorito il piano e aveva fornito gli effettivi in armi. L'allarme fu contenuto. Commisurato alla realtà del pericolo. Senza esagerazioni e con poca propaganda.Figurarsi cosa succederebbe oggi e cosa sarebbe successo negli ultimi decenni, quando anche la più grottesca tra le minacce diventa un minaccioso attentato alla democrazia e il senso del ridicolo sembra essere perduto in pari misura tra gli eversori e tra i difensori dell'ordine repubblicano. Qualche esempio sparso: se paragonato al cosiddetto golpe della Serenissima, cioè alla manifestazione dei sostenitori dell'indipendentismo veneto dell'8 maggio 1997, il goffo conato del principe nero sembra il tutt'altro che goffo pronunciamiento del generale cileno Augusto Pinochet. I serenissimi avevano un autoblinda camuffata da carro armato, però senza le armi. Impugnavano un solo mitra, ma era un rugginoso residuato bellico ripescato in qualche cantina. Furono presi molto più sul serio di quanto non fosse accaduto alle Guardie Forestali di Borghese 27 anni prima. Negli stessi anni, e per una lunga fase seguente, i giornali hanno puntualmente registrato trame e arresti in una fantomatica galassia anarco-insurrezionalista, realtà dai contorni tanto vaghi e incerti da autorizzare dubbi, nonostante inchieste e i periodici arresti, sulla sua stessa effettiva esistenza. Ora siamo alla minaccia armata No Vax agli arresti di picchiatelli in libertà nelle cui abitazioni sono stati ritrovati non fucili ma coltelli, i quali tuttavia abbondano in parecchie abitazioni, e uova marce, materiale più raro ma meno potenzialmente nocivo. Il tutto condito da dichiarazioni, peraltro su un social pubblico, più da neuro che da Digos. Del resto non sono passati molti giorni da quando una mobilitazione poliziesca poderosa si era trovata a fronteggiare poche decine di No Vax sparsi per la penisola. Roba che al confronto i Serenissimi stessi, col loro carro armato da carnevale di Venezia, diventano un tangibile pericolo.In parte gioca la tendenza italiana, dilagata già da un pezzo, ad esagerare i presunti o potenziali pericoli per evitare che si concretizzino davvero ed è una strategia di ordine pubblico forse discutibile ma certamente efficace. Stavolta però c'è qualcosa in più, solo in parte limitata derivante dalla comunicazione scelta strategicamente dal governo. I No Vax, categoria nella quale sono stati fatti rientrare a forza anche coloro che nutrono dubbi nei confronti non del vaccino ma del Green Pass, sono diventati per molti commentatori una specie di nemico interno, la quinta colonna del virus, i responsabili della prosecuzione della pandemia, il pericolo che minaccia il bene comune, tanto più temibile perché irriconoscibile a occhio nudo. Questa temperie emotiva non lontana da una classica caccia alle streghe che dilaga nei commenti sempre più truculenti degli opinion makers, nell'ostracismo sdegnato che colpisce chi come Cacciari o Barbero critica il Green Pass ma anche nella psicosi che ingigantisce la minaccia No Vax trasformando alcuni casi limite in una reale minaccia persino armata, non ha nulla a che vedere con la difesa razionale della strategia altrettanto razionale che passa per l'uso del lasciapassare verde. È piuttosto il sintomo di una divaricazione identitaria che serpeggiava nel Paese ben prima del Covid ma che si è dispiegata pienamente solo con la pandemia, che permette di invocare verità assolute e scientifiche molto più di qualsiasi altro argomento.È un segnale pericoloso, una minaccia che la politica dovrebbe cercare di disinnescare subito invece di potenziarla, su entrambi i fronti, a fini di propaganda e caccia al consenso. Perché non è affatto detto che quegli umori e quelle pulsioni che chiedono di lacerare invece che di ricomporre si esauriscano con la pandemia.