DILLO AL DUBBIO. Pubblichiamo le lettere inviateci da due avvocati dopo la nostra replica all'articolo di Piercamillo Davigo, che dalle colonne del Fatto torna a spiegare le lentezze della giustizia con i numeri della classe forense.    Cari Colleghi, attenzione… anche al Dott. Davigo (non me ne voglia…) può capitare di dire delle cose sacrosante! Che in Italia ci siano troppi avvocati è un dato oggettivo, che nessuno può negare! Che questo dato non sia positivo per “la buona salute” della nostra professione è, a mio parere, altrettanto incontrovertibile. Sono un vecchio avvocato, con esperienza ultraquarantennale e posso affermare, senza tema di smentita (almeno da parte di colleghi della mia epoca) che la considerazione “globale” della nostra professione si è notevolmente abbassata anche a causa dell’aumento degli iscritti agli Albi. Sul “perché” l’aumento del numero degli avvocati abbia comportato un abbassamento della “considerazione” della categoria io un’idea chiara ce l’ho; ma mi piacerebbe che in proposito si aprisse un dibattito (sempre che alla mia ipotesi fosse riconosciuto un fondamento, anche minimo). Lettera firmata avvocato Nicola Ciafardo, Foro di Torino. +++++

Non ho simpatie per Davigo. Ma sul punto specifico degli avvocati ha ragione. È innegabile che tanti processi, inutili e dannosi, dipendano dai troppi avvocati. Molti di questi (fortunatamente non tutti, ma molti) sono portati a consigliare a chi si rivolge loro di fare cause civili o di presentare denunce-querele anche infondate e a costituirsi parte civile. Comunque vadano i processi, gli unici a non  rimetterci e anzi a guadagnarci qualcosa (o anche molto) sono loro, sia che li paghi la parte avversa o il loro cliente.

Lettera firmata avvocato Umberto Melotti