Gentilissimo Dott. Novi, il Suo invito agli avvocati a battersi, da soli, per il processo civile merita qualche spunto di riflessione. Ogni volta che leggo, con attenzione, contributi relativi alla cosiddetta riforma del processo civile, constato, con preoccupazione, la mancanza di conoscenza dei testi del Recovery. Non la ritengo ovviamente una responsabilità di chi offre al comune dibattito le proprie idee, ma la vera mancanza dei Partiti, troppo impegnati nell’individuare battaglie identitarie e poco impegnati nella divulgazione dei reali contenuti della politica del Governo Draghi. Parafrasandola, Gentilissimo, potrei dire che spiegare alla collettività migliaia di pagine e allegati della Commissione Europea non porta consenso: è però un grave errore non farlo. Iniziamo quindi, brevemente, dall’allegato alla decisione UE che detta una analitica tempistica per la riduzione dell’arretrato. È bene intendersi su due  punti: non è una “imposizione europea”, è un vulnus noto a tutti nel nostro Paese e che tutti dichiarano di voler risolvere per dare slancio alla nostra economia e alla Giustizia. Inoltre la “riforma del processo civile” è un tassello di un arazzo molto più composito, sul quale non mi soffermo per ovvi motivi di brevità. Gli obbiettivi del Recovery: - un abbattimento dell’arretrato civile del 65% in primo grado e del 55% in appello, entro la fine del 2024; -un abbattimento dell’arretrato civile del 90%, in tutti i gradi di giudizio, entro la metà del 2026; -una riduzione del 40% della durata dei procedimenti civili entro la metà del 2026; L’anno di riferimento è il 2019. La legislazione attuativa, sempre secondo le tabelle del Recovery, deve comprendere una serie di  provvedimenti, tra i quali la garanzia dell'effettiva fissazione di scadenze vincolanti per i procedimenti e un calendario per la raccolta delle prove e la presentazione elettronica di tutti gli atti e documenti pertinenti e quindi realizzare  un intervento selettivo sul processo civile volto a concentrare maggiormente le attività tipiche della fase preparatoria ed introduttiva e sopprimere le udienze potenzialmente superflue. In base a questo quadro, sintetico, il Governo ha scelto una strada, quella di rivalutare completamente la prima udienza ove le parti arrivano a carte scoperte, partecipando personalmente, e il giudice arriva avendo studiato il fascicolo. Sappiamo infatti che oggi la prima udienza è un mero rinvio per termini, che striscia nelle aule dei tribunali arrancando tra chiamate di terzo e riserve dopo la udienza per i mezzi istruttori. Il fascicolo scompare per riaffiorare con le eventuali prove testi e/o Ctu che vengono disposte. Funzionerà la preparazione del processo ante prima udienza o rischierà di infrangersi come precedenti esperienze tra notifiche nulle e ruoli imponenti? Governo e Senatori commissari, (per quanto “politici”, le istanze degli operatori del diritto le leggono e ci ragionano) hanno ben compreso le grida di allarme sul diritto di difesa costipato dalle decadenze, cercando diverse soluzioni nel quadro dato. In verità la domanda è sempre la stessa: le decadenze e gli oneri ricadono sugli avvocati e mai sui magistrati che, oberati per il ruolo, rinviano e non rispettano i termini. Sul quesito c’è un punto che merita una maggiore attenzione e soprattutto una mobilitazione delle coscienze di tutti coloro che lavorano nelle aule dei Tribunali. Mi riferisco alla piena applicazione dell’art 81bis delle disposizioni di attuazione del cpc, dedicato al calendario del processo. Prevede, in caso di mancato rispetto del medesimo, una violazione disciplinare anche in capo al magistrato che incide sulla valutazione di professionalità e sulla nomina e conferma agli uffici direttivi e semi direttivi. Il calendario del processo può diventare anche uno strumento non solo “punitivo” nei confronti di chi non lo segue, ma premiale, in coerenza con la previsione del PNRR di  “ introdurre di un sistema di monitoraggio a livello dei tribunali e aumento della produttività dei tribunali civili attraverso incentivi per garantire una durata ragionevole dei procedimenti e prestazioni uniformi in tutti”. Perché fino ad oggi la norma non ha trovato applicazione? Probabilmente sia per il carico dei ruoli che per la “prudenza” degli avvocati che evitano di irritare un giudice, cioè colui che alla fine ha in mano la decisione. Eppure, dove svolta, la calendarizzazione funziona e determina una responsabilità collegiale per il rispetto delle date, oltre che una migliore organizzazione dei lavori. Il calendario, con annesse conseguenze negative e/o positive in caso di mancato rispetto, è uno strumento che obbliga alla decisione un giudice che ha dinnanzi a sé tutte le carte delle parti e deve quindi studiarle e svolgere la funzione. Sul punto dovremmo aprire una lunga parentesi relativa all’ufficio del processo, che magari approfondiremo in altra sede. Gentilissimo Dott.Novi, mi permetta di concludere questa breve riflessione con un'altra norma che è stata oggetto di gravi critiche da parte della avvocatura e sulla quale il Ministro si era già espressa, accogliendo le richieste. L’emendamento del Governo prevedeva che la condanna dell’art 96 terzo comma cpc fosse inflitta solo nei casi di colpa grave o malafede da parte del soccombente. L’idea alla base era quella di circoscrivere l’ambito di applicazione del 96 cpc, ma, riponendo scarsa fiducia nelle condanne ex art 96, gli avvocati hanno inteso la previsione come punitiva, di fatto tesa a creare una sorta di freno alla attività difensiva in generale. Possiamo ritenere questa problematica superata, pur rimanendone altre legate, in genere, alla lite temeraria. Concludo quindi rispondendo al Suo appello agli avvocati. E’ importante un ausilio perché il percorso del Recovery deve essere divulgato e compreso: su questo erroneamente si pensa di non lucrare voti, in realtà la trasparenza porta sempre rispetto e condivisione. Per il resto non è detto che i politici in Commissione Giustizia non sappiano da parte cominciare. È il finale che ci  toglie il sonno. Non ci è concesso, avendo l’obbligo di approvare le norme, di andare avanti sulla base dei “no” e basta. Cerchiamo dei sì, magari sussurrati, sicuramente sotto condizione, certamente da confermare alla prova dei fatti, ma questo è nostro dovere. Cerchiamo di svolgerlo al meglio. Fiammetta Modena, Senatrice di Forza Italia, relatore in commissione Giustizia del ddl di riforma del processo civile