Rocco Berardo, avvocato, ha curato il quesito referendario per l’Associazione Luca Coscioni, e ora che è stata raggiunta quota 750mila firme, spiega che «i passi immediati sono costituiti dal continuare a raccogliere il massimo numero di firme possibile fino al 30 settembre e consegnarle alla Corte di Cassazione». Sulla discussione con la Chiesa è netto: Quello che tentiamo di spiegare è che noi non vogliamo imporre nulla a nessuno: eutanasia legale significa consentire a ognuno di decidere per se stesso lasciando piena libertà nelle scelte di fine vita

Cosa rappresenta per voi il traguardo delle 750mila firme raccolte per il referendum sull’eutanasia?

È senz’altro un grande successo. Abbiamo messo insieme più di diecimila volontari in tutta Italia. Quasi tremila autenticatori. Tra questi centinaia di consiglieri comunali che in autonomia dal loro partito si sono messi a raccogliere firme nei loro comuni. Voglio ringraziare in particolare i 1667 avvocati (numero che continua a crescere) che per la prima volta hanno potuto esercitare il ruolo di autenticatori con l’entrata in vigore della nuova legge sulle autenticazioni. Legge che a dire il vero abbiamo dovuto diffondere noi, vista un’inspiegabile inerzia da parte degli Ordini forensi di quasi tutta Italia.

Cerchiamo di spiegare: chiedete l’abrogazione dell’articolo 579 del codice penale in merito all’omicidio del consenziente che sia maggiorenne e capace di intendere e volere. Quali saranno i vostri prossimi passi?

Diciamo subito una cosa. Oggi il Codice penale non definisce espressamente l’eutanasia ma punisce ogni condotta eutanasica tramite il reato di matrice fascista di «omicidio del consenziente». E questa è già una prima grossa distorsione semantica e concettuale che deriva evidentemente dallo spirito del tempo in cui fu scritta la norma. Ma tornando alla sua domanda, i passi immediati sono costituiti dal continuare a raccogliere il massimo numero di firme possibile fino al 30 settembre e consegnarle alla Corte di Cassazione.

I contrari, soprattutto la Chiesa, giudicano la vita come sacra fino alla fine, a prescindere da quali condizioni impongano determinate malattie. Ritenete impossibile costruire un dialogo con chi la pensa diversamente su questi temi?

Dialoghiamo con tutti, per strada, ogni giorno, con i tavoli. Lo facciamo da quando abbiamo presentato la proposta di legge di iniziativa popolare sull’Eutanasia legale nel 2013. E quello che tentiamo di spiegare è che noi non vogliamo imporre nulla a nessuno. Eutanasia legale significa consentire a ognuno di decidere per se stesso lasciando piena libertà nelle scelte di fine vita.

Il diritto ad una morte dignitosa secondo il proprio sentire presuppone proprio diversità di pensiero e libertà di scelta. Se l’eutanasia sarà legale ognuno sarà libero di decidere se e quando fare ricorso alla morte volontaria nella piena legalità e non nella clandestinità che oggi caratterizza questi percorsi.

Altri, come Luciano Violante, esprimono dubbi per quanto riguarda, ad esempio, l’eventualità dell’omicidio di una persona che voglia lasciarsi andare dopo una delusione amorosa o una crisi depressiva. Cosa rispondete?

Che c’è un errore giuridico di fondo: la parziale abrogazione oggetto del referendum, promosso dall’Associazione Luca Coscioni, fa salve le tutele per le persone minorenni, incapaci ed il cui consenso sia stato estorto con violenza o minaccia. Come prevede la giurisprudenza l’incapacità è da intendersi come una minorata capacità psichica, anche con compromissione del potere di critica e minorazione della sfera volitiva ed intellettiva che agevoli la suggestionabilità della vittima e ne riduca i poteri di difesa contro le altrui insidie. Dunque delusioni amorose e crisi depressive rientrerebbero nelle eccezioni sottratte al quesito referendario.

In Parlamento c’è un iter per le modifiche all’articolo 580, quello sull’aiuto al suicidio, dopo le sollecitazioni della Corte costituzionale. Qual è la vostra posizione a riguardo?

Stiamo parlando del reato di istigazione o aiuto al suicidio, oggetto della sentenza della Corte Costituzionale nel processo Cappato/ Antoniani che ha dichiarato incostituzionale l’articolo con una sentenza additiva e stabilito che non è più reato aiutare qualcuno al suicidio in presenza di quattro condizioni ( irreversibilità della malattia, sofferenze psichiche o fisiche intollerabili, dipendenza da un trattamento di sostegno vitale e consenso della persona) e nel rispetto delle procedure indicate dalla Corte che prevedono la verifica delle condizioni da parte del SSN e il parere del comitato etico competente.

L’approvazione di una legge che ricalchi il dettato costituzionale ( che è comunque applicabile dal giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) è sicuramente un fatto positivo ma non basta perché lascia fuori tanti malati che hanno bisogno di un aiuto diverso, esterno, per poter porre fine alle loro sofferenze. Per tutti questi malati abbiamo proposto il referendum che legalizzi l’eutanasia.

Dopo la nota verbale sul ddl Zan e relativa risposta del governo, ora lo scontro con la Chiesa è sull’eutanasia. Credete si possa aprire una fase di discussione costruttiva tra stato italiano, che è laico, e Santa sede?

Come Associazione Luca Coscioni, crediamo da sempre che serva un grande dibattito pubblico sul fine vita. E certamente anche con chi rappresenta istanze religiose ampiamente diffuse nel nostro Paese. Ma ci è stato costantemente negato. E aggiungo comprensibilmente negato, visto che i principali partiti che costituiscono la stragrande maggioranza parlamentare sanno benissimo quale sia il sentimento popolare sul tema del fine vita. Santa Sede compresa. Insomma, nessuno è voluto intervenire sul Referendum Eutanasia Legale se non quando ci si è accorti che i cittadini hanno prevalso sul silenzio imposto. Ora finalmente stiamo strappando un grande dibattito pubblico grazie al Referendum. E sicuramente sarà più costruttivo del silenzio.