L’idea può sembrare un po’ pazza, ma forse non lo è. Soprattutto se è vero che per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica il centrodestra avrà quasi la metà dei grandi elettori, compresi i delegati regionali. L’idea è quella che, alla fine, a giocarsi il Colle saranno niente meno che Mario Draghi e Silvio Berlusconi: il primo, neanche a dirlo, sarebbe il successore naturale di Sergio Mattarella, che lo ha voluto a palazzo Chigi e al quale sarebbe ben contento di lasciare lo scranno della presidenza della Repubblica; il secondo non ha mai nascosto il suo desiderio di varcare la soglia del Quirinale, anche se il sopravanzare dell’età e degli acciacchi lo hanno convinto a lasciar passare la questione. Volerlo al Colle è quindi una provocazione, ma il leader della Lega, Matteo Salvini, sembra volersela giocare fino in fono come carta che potrebbe ribaltare il tavolo. «Sulla carta, noi il candidato al Quirinale l’abbiamo già - ha detto Salvini al Corriere - Ho sentito Silvio Berlusconi questa mattina e l’ho sentito in grande forma». Certo non sarà facile, ma dagli ambienti più vicini al Cavaliere l’ipotesi viene presa sul serio. «A mio avviso l’elezione di Berlusconi avrebbe due effetti storici: chiuderebbe la stagione divisiva della seconda repubblica, e - stante il distacco del presidente dalla carica - assicurerebbe un mandato breve, coincidente coi tempi necessari per approvare una riforma costituzionale in senso presidenziale - ha detto Gianfranco Rotondi, cofondatore di Forza Italia e fedelissimo del quattro volte presidente del Consiglio - Solo il presidenzialismo chiude la transizione italiana, come già le forze politiche riconobbero unitariamente nel 1996, progettando il mancato governo Maccanico».

Ma l’ostacolo è di quelli insormontabili e risponde al nome dell’ex presidente della Banca centrale europea. Chissà se nel 2011, quando proprio il governo Berlusconi volle fortemente la nomina dell’ex governatore di Bankitalia alla guida dell’Eurotower, i due avrebbero pensato di ritrovarsi un giorno a giocarsi, o quantomeno ipotizzare, una loro corsa l’uno contro l’altro per la presidenza della Repubblica.

Ma come da antica tradizione vaticana, “chi entra Papa in conclave ne esce cardinale”, ed è per questo che potrebbe pure finire che nessuno dei due salga al Colle da erede di Pertini e Cossiga, di Scalfaro e Napolitano. Perché in fondo a nessuna delle forze politiche di maggioranza conviene togliere Draghi da palazzo Chigi, ed è per questo che tra le ipotesi più probabili al momento c’è quella di un bis di Mattarella, con dimissioni nel 2023 affinché il nuovo Parlamento elegga il suo successore, o quella di un nome ancora segreto, da tirare fuori magari dalla quarta votazione in poi, quando basterà la maggioranza assoluta.

E così Draghi, che ieri ha festeggiato l’incredibile oro della staffetta 4x100 alle Olimpiadi di Tokyo parlando di «altra giornata da incorniciare», per ora si mantiene nel suo ruolo di garante della terza maggioranza più ampia della storia repubblicana e ieri, al momento del saluto ai giornalisti prima della pausa estiva, ha approfittato per fare un bilancio dei suoi primi sei mesi a palazzo Chigi. «Non sono qui per celebrare nulla ma volevo comunque dire che le cose per l’economia italiana vanno bene e spero vadano ancora meglio - ha detto il presidente del Consiglio - Affinché vadano ancora meglio dico vaccinatevi e rispettate le regole». L’obiettivo è una crescita del Pil che vada oltre il 5 per cento, e che poi possa consolidarsi nel corso del 2022. L’inquilino di palazzo Chigi ha parlato poi di vaccinazioni, sottolineando il dato delle dosi effettuati per 100 abitanti, in cui l’Italia è davanti a Francia, Germania e Stati Uniti, di scuola, prendendosi l’impegno di riaprire in presenza e in sicurezza a settembre con l’introduzione del green pass per i docenti, e di sicurezza sul lavoro, dopo la telefonata di Mattarella al ministro Andrea Orlando. «Il problema della sicurezza del lavoro sta a cuore a tutti noi e dobbiamo cercare di fare qualcosa per migliorare l'inaccettabile situazione ha scandito - Volevo rivolgere un pensiero commosso e affettuoso a tutti quelli che volevano bene a Laila El Harim: due mesi fa era capitato a Luana D'Orazio. Questo avviene ogni giorno ed è stato fatto molto su questo piano ma è evidente che occorre fare molto di più» E ha chiuso con una frase emblematica che lascia aperto qualsiasi spiraglio, anche in vista dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica. «Il governo vive perché c'è il Parlamento che lo fa vivere e l’orizzonte è nelle mani del Parlamento - ha chiosato - Io non posso esprimere visioni o fare previsioni: io sono qui, sono stato chiamato per fare questo e poi vedremo».