Giuseppe Conte può tirare un sospiro di sollievo: Marco Travaglio benedice il compromesso raggiunto sulla riforma del penale e l’impegno profuso dal Movimento 5 Stelle per portare a casa il risultato. Il bicchiere è «mezzo pieno», scrive il direttore del Fatto Quotidiano e timoniere esterno del partito pentastellato, «i pericoli maggiori (anche se non tutti) della schiforma Cartabia sembrano sventati». Il coach si complimenta dunque con la squadra grillina per la prestazione, dopo aver tenuto sotto pressione i titolari per intere settimane, invitandoli ad abbandonare il campo in caso di “gioco falloso” da parte degli avversari alleati. Alla fine “l’ordine” di uscire dal governo è rientrato, il M5S potrà convinvere per un altro po’ di tempo con Mario Draghi senza il rischio di finire bombardato sul giornale di riferimento, come successo a Beppe Grillo quando aveva cambiato idea sul “quid” di Conte. Perché la linea politica pentastellata, oggi molto più che in passato, viene stabilita sulle colonne del Fatto. E se il direttore non si lamenta persino Alessandro Di Battista, movimentista 365 giorni l’anno e collaboratore del quotidiano di Travaglio, tace. E pensare che solo il giorno prima l’ex deputato pronunciava la sua sentenza su Facebook: «Probabilmente verranno esclusi i reati di mafia da questo meccanismo. Ergo non sarà più una legge salva-mafiosi ma (salvo la cancellazione dell'improcedibiltà stessa) resterà una legge salva-ladri, salva-colletti bianchi, salva-potenti e, soprattutto, salva-politici», scriveva Dibba, sconfessando qualsiasi compromesso. «Per essere chiari se a 100 kg di merda vengono tolti 20 kg sempre 80 kg restano. E sempre merda è!». Era il giudizio senza appello. Ma ora che il direttore-leader vede il bicchiere mezzo pieno, anche gli escrementi si saranno trasformati in qualcosa di commestibile.