Marta Cartabia si gioca molto nella partita di queste ore, e forse ha già perso la posta più alta. Sino a 10 giorni fa era uno dei nomi in pole position per succedere a Sergio Mattarella. I requisiti c'erano tutti. Ex presidente della Corte Costituzionale. Donna delle istituzioni e non dei partiti ma apprezzata da entrambe le parti dello schieramento. E anche solo donna, requisito che per un Paese che non ha mai avuto un capo dello Stato o un premier che non fosse maschio e ormai avverte in pieno il limite non è carta di poco peso. La presenza in gara di Mario Draghi chiuderebbe subito la partita del Colle. Ma non è facile che il premier possa lasciare la guida del governo tra 6 mesi. Una disponibilità di Sergio Mattarella alla rielezione, in attesa che Draghi possa lasciare palazzo Chigi, risolverebbe il problema ma il capo dello Stato è contrario a seguire quella strada e non solo per sempre superabili motivi personali. E' anche convinto che la rielezione sia una forzatura istituzionale, come ha detto apertamene, e si sa che quando entrano in ballo motivi di ordine istituzionale e costituzionale Mattarella diventa molto rigido se non irremovibile.  Anche la terza soluzione che ruota intorno a Draghi capo dello Stato, cioè un governo affidato a un suo uomo di fiducia come l'attuale ministro dell'Economia Franco, non appare facilmente praticabile. Si tratterebbe di una riforma costituzionale attuata praticando l'obiettivo, con lo slittamento di fatto verso un presidenzialismo su modello francese. Senza Draghi in campo i candidati più vicini alla mèta sono due: Pier Casini e Cartabia, e sino a ieri la seconda aveva qualche probabilità in più del rivale. Dopo lo scontro sulla giustizia di questi giorni, tutto diventa per lei più difficile. Nella situazione attuale, il veto dei 5S sarebbe assicurato e il Pd eviterebbe una scelta destinata a rendere molto più difficile, se non impossibile, l'alleanza elettorale con il partito che sarà presto di Conte. Le cose potrebbero cambiare se la mediazione con lo stesso Conte si risolverà in un trionfo. Cioè se dopo le barricate la riforma passerà con soddisfazione di tutti o quasi. In quel caso, certo, le quotazioni della ex presidente della Consulta si impennerebbero. Però è poco più di un miraggio. Se anche, come è probabile, Conte alla fine si accontenterà di alcune modifiche apportate alla riforma e chiederà ai 5S di votare la fiducia, come è probabile ma non ancora certo, per i pentastellati Marta Cartabia resterà la guardasigilli che ha stracciato il loro fiore all'occhiello, la riforma Bonafede. Una conversine sul suo nome per il Colle sarà quanto altamente improbabile.Dunque la ministra è già fuori gioco? Forse ma non è del tutto detto. La nomina del successore di Mattarella, se Draghi non sarà disponibile, è una di quelle incognite esposte a ogni esito. Senza Draghi una soluzione condivisa non sarà facile. Molto dipenderà dallo stato dei rapporti interni alla maggioranza ma nulla autorizza a credere che saranno migliori e non peggiori di quanto siano oggi. Senza un accordo di tutti, sia l'ala destra che quella sinistra cercheranno di piazzare un loro candidato in uno scontro senza esclusione di colpi nel quale un ruolo rilevante lo giocherà Renzi, che si sta preparando a giocare quella mano chiave già da un po'.Si sa che il Colle è sempre il sogno proibito di molti. Anche sello nega ci spera persino Berlusconi, nella sua nuova incarnazione di sovrano dei moderati. Ma un presidente imposto dalla destra senza mediazioni di sorta è quasi fuori discussione. Ma il discorso cambierebbe se la stessa ala destra della maggioranza con la regia di Iv mettessero in campo una candidata non certo targata centrodestra e del tutto accettabile dal Pd come Marta Cartabia. A quel punto le porte chiuse in seguito al conflitto con i 5S potrebbero riaprirsi, sia pur in modo meno ecumenico, proprio grazie a quel confllitto. Perché proprio lo scontro con il Movimento da un lato rende  la guardasigilli molto più popolare di quanto non fosse a destra. Dall'altro la rende la figura ideale per il gioco di Renzi che mira proprio a tagliare fuori i 5S.