Quasi tutte le grandi conquiste passano per uno scandalo. Dove per scandalo sintende lo sconcerto dellopinione pubblica che sempre accompagna il progresso quando un avvenimento rompe gli schemi incrostati della società. Così fu per Lidia Poët, prima avvocata del Regno dItalia iscritta allAlbo di Torino nel 1883. Quindi rimossa subito dopo per volontà della Corte dAppello, e infine riammessa nel 1920 dopo una lunga battaglia. Quella di Lidia Poët è una storia di straordinaria determinazione. Ma di una caparbietà che trae la sua forza dalla legge e dal diritto. A lei, avvocata piemontese di Traverse, il Consiglio dellOrdine degli avvocati Torino dedica oggi un cippo commemorativo posizionato nei giardini del Palazzo di Giustizia. Si tratta di un «simbolo per le battaglie di genere» posto a «beneficio dei tanti cittadini che non conoscono questa storia», spiega la presidente dellOrdine di Torino Simona Grabbi. Che ha portato a termine liniziativa del Coa con il favore dellattuale amministrazione comunale, da «sempre - sottolinea Grabbi - molto sensibile al tema della parità di genere». Il cippo sarà scoperto oggi stesso alla presenza, tra gli altri, della sindaca di Torino, Chiara Appendino, e dei rappresentati dellOrdine territoriale degli avvocati. A Poët sarà quindi intitolata larea giochi allinterno dei giardini, per ricordare limpegno che lavvocata piemontese profuse nellambito del diritto minorile. «Ai colleghi che prestano giuramento - spiega Grabbi - ricordo sempre che questo Consiglio ha dato molte ragioni di orgoglio». «Lavvocato Fulvio Croce, che ha dato la vita in nome della professione, né è lesempio più fulgido», aggiunge la presidente del Coa di Torino. «Ma questo Consiglio - sottolinea - ha avuto tante altre figure importanti, altre storie da raccontare». Proprio come quella di Lidia Poët, il cui ricordo è ancora oggi importante custodire. La sua vicenda inizia nel 1881. In quegli anni, inutile a dirsi, Poët è tra le prime donne a laurearsi in giurisprudenza allUniversità di Torino con una tesi sulla condizione femminile in Italia e sul diritto di voto per le donne - «una tesi profetica», fa notare Grabbi. Per due anni svolge la pratica forense per abilitarsi alla professione, quindi supera con grande successo lesame di procuratore legale. La sua richiesta di iscrizione allOrdine, a quel punto, non avrebbe dovuto stupire nessuno: è conforme alla legge. Che non prevede nessun divieto esplicito per le donne di presentare domanda né di esercitare la professione. Ma la cultura, quella con cui Poët deve fare i conti, è un altro affare. Il chiacchiericcio si rincorre nei corridoi dei tribunali sabaudi. Soprattutto quando, nel 1883, il Consiglio dellOrdine degli avvocati accetta la sua iscrizione con otto voti a favore e quattro contrari. A mettersi di traverso, però, è lallora Procuratore Generale del Re che decide di denunciare questa anomalia alla Corte dAppello. Che quindi provvede a cancellarla dallOrdine con questa motivazione: «Lavvocheria è un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmine». E infatti, scrivono i giudici, «sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra, agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano, e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene di osservare: costrette talvolta a trattare ex professo argomenti dei quali le buone regole della vita civile interdicono agli stessi uomini di fare motto alla presenza di donne oneste». Parole che avrebbero scoraggiato chiunque, ma non la tenace Poët che privata del titolo continua a svolgere la professione nello studio legale del fratello per i 37 anni successivi alla sua cancellazione dallAlbo. Per tutti gli anni, cioè, che servirono per arrivare alla svolta del 1919 con lapprovazione della legge Sacchi che autorizzava ufficialmente le donne ad entrare nei pubblici uffici. Così, quando nel 1920 Poët - ormai 65enne - può finalmente ripresentare la richiesta di iscrizione allOrdine degli Avvocati e indossare la toga, quelle parole piene di pregiudizi dei giudici di Torino sembrano ormai lontane. E lo sembrano ancora più oggi, sottolinea la consigliera del Cnf Daniela Giraudo, ma nondimeno ricordano a tutte le avvocate quale coraggio servì «allindomita» Poët per non rassegnarsi al destino che gli altri le avevano cucito addosso. Per questo, spiega Giraudo, «sono particolarmente felice che la città di Torino abbia ritenuto di voler riconoscere questo tributo ad una figura molto cara allAvvocatura piemontese e da sempre celebrata come luminoso esempio». «Ringrazio la Presidente Grabbi che, nonostante i tanti problemi di questi tempi, unitamente al suo Consiglio dellOrdine è riuscita a farle conseguire questo importante riconoscimento che davvero è il giusto tributo ad una collega a cui tutte noi dobbiamo guardare con ammirazione e riconoscenza», aggiunge Giraudo. Che poi ricorda le parole di un suo collega, il consigliere del Cnf Mario Napoli, «che non ha mai mancato di portarla ad esempio nelle tante occasioni istituzionali della nostra Curia e di restituirne vivo e vivace lo spirito di assoluta modernità».