«Egregio Signor Cavallotti, la ringrazio per le lusinghiere parole che ha voluto dedicarmi e, nel contempo, anche al fine di rispondere alla Sua domanda ("Credo ancora nella Giustizia, e lei?") provvedo a fornirle una diversa chiave di lettura della complessa vicenda giudiziaria che ha coinvolto la Sua famiglia e Lei personalmente». Comincia così la lunga lettera di replica dell'amministratore giudiziario Andrea Modica de Mohac, che risponde alle accuse dell'imprenditore siciliano Pietro Cavallotti, alfiere di una battaglia contro le ingiustizie prodotte dalle misure preventive antimafia. Del caso Cavallotti Il Dubbio si è occupato più volte in questi anni: accusata di mafia, la famiglia di Pietro si è vista portare via tutto, le imprese e le abitazioni. L’azienda di famiglia, la Euroimpianti plus srl, è stata tenuta sotto sigilli dallo Stato per otto anni, durante i quali, sotto amministrazione giudiziaria, ha subito danni per oltre 11 milioni di euro. Nel 2011, nonostante il definitivo proscioglimento dal concorso esterno, il sequestro è tramutato in confisca da un collegio presieduto da Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, radiata dalla magistratura, condannata a 8 anni e mezzo per l’illecita gestione dei beni confiscati alle cosche. Motivo? Vengono considerati indizi di pericolosità quegli stessi elementi che i giudici penali avevano ritenuto incapaci di provare l’accusa di mafia. Lo Stato riconosce l’errore solo nel 2019, certificando la provenienza lecita di quei beni. Nel 2020 il caso arriva a Strasburgo, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo dichiara ricevibile il ricorso con cui la famiglia Cavallotti denuncia l'irragionevole durata del sequestro dell’azienda. Al centro delle battaglie di Cavallotti ci sono anche gli amministratori giudiziari che hanno gestito aziende come quelle della sua famiglia o di decine di altri imprenditori assolti eppure trattati da mafiosi, privati dei loro beni. In una lunga lettera pubblicata su facebook, il giovane imprenditore siciliano si era rivolto a uno di questi amministratori “nominati” dal Tribunale, Andrea Modica de Mohac, appunto. Che ora replica con la lettera che vi proponiamo di seguito.   Egregio Signor Cavallotti, la ringrazio per le lusinghiere parole che ha voluto dedicarmi e, nel contempo, anche al fine di rispondere alla Sua domanda ("credo ancora nella Giustizia, e lei?'') provvedo a fornirle una diversa chiave di lettura della complessa vicenda giudiziaria che ha coinvolto la Sua famiglia e Lei personalmente, quanto meno per le conseguenze che si sono su di Lei abbattute. In via preliminare devo, tuttavia, deluderla: non condivido la sua idea "che la giustizia in Italia non funziona". Ed invero il giudizio sul funzionamento del sistema Giustizia non può dipendere dell'esito dei procedimenti che ci riguardano, cosicché la Giustizia funziona se gli esposti presentati dalla sua famiglia vengono fatti propri dalla Autorità Inquirente e non funziona se, dopo le opportune indagini, gli esposti vengono archiviati, oppure non funziona se la sua famiglia subisce - come di fatto è accaduto una confisca definitiva passata in giudicato a seguito di sentenza della Cassazione e cioè dopo avere passato tre gradi di giudizio con l'intervento di Giudici diversi. Sostenere, come fa Lei, che "certi esposti, invece, per molti anni, rimangono incagliati in qualche cassetto delle nostre Procure in attesa di prescrizione" è al contempo ingiusto nei miei confronti e lesivo della onorabilità dei Magistrati e, quindi, del sistema Giustizia, lo ho fiducia nella Giustizia e nei Magistrati e, pertanto, attendo con serenità l'esito dell'appello nel procedimento civile, peraltro non riguardante ipotetici danni causati al gruppo familiare Cavallotti, concluso con una condanna in primo grado, così come da Lei ricordato. Ho motivo di ritenere che le mie ragioni saranno valutate con la dovuta attenzione, Attendo comunque serenamente - io ripeto - l'esito del giudizio per la semplice ragione che esso si svolgerà nella sua sede competente, e cioè l'aula di un Tribunale, con le garanzie difensive previste dal nostro ordinamento e non attraverso giudizi sommari di piazza pronunciati attraverso testate giornalistiche e mass-media talvolta più interessati allo scoop che alla ricerca della verità. Ho sottolineato "procedimento civile" poiché — contrariamente a quanto Lei lascia intendere — non esiste alcun rinvio a giudizio a mio carico e nessun processo con contraddittorio a mio carico innanzi Tribunale si è chiuso cori prescrizione. Mi permetto anche dì dissentire laddove Ella giudica "criminale" il "sistemo normativa che ha permesso a lei e a tanti illustri professionisti di arricchirsi...sulle spalle delle persone che nella loro vita hanno sempre lavorato con umiltà e dedizione". Sicuramente non mi sembra opportuno dare del criminale al sistema normativo che in realtà significa dare del criminale al nostro Parlamento che è l'artefice delle norme in questione. Ma tralasciando una difesa che non mi compete, mi lasci fare alcune riflessioni sul caso che ci riguarda. È evidente che nel parlare di "persone che nella loro vita hanno sempre lavorato con umiltà e dedizione", Lei si riferisce ai suoi genitori; come da Lei ribadito là dove dice "famiglia di persone laboriose che, da oltre vent'anni, lotta per la libertà e la giustizia". La sua citazione mi offre la occasione per ricordarle che la Guardia di Finanza con verbale del 27.05.1997 ha accertato imposte evase e sanzioni relative al periodo 1995-1997 (gestione Cavalletti) per € 1.506.661,09, che l'INPS ha notificato una cartella di pagamento di ben €. 1.348.638,02 per inadempimenti contributivi relativi al periodo 1995-1999 (gestione Cavallotti), che nelle società oggetto di sequestro sono state riscontrate operazioni di pagamento effettuate in violazione della "Normativa antiriciclaggio", omesse contabilizzazioni di lavorazioni per oltre due milioni di euro (con contestuale evasione di imposte), ulteriori mancati pagamenti di imposte e contributi, pagamenti di emolumenti a suoi familiari in eccedenza al deliberato assembleare in violazione di norme civilistiche, pagamenti per contanti a soggetti deceduti, ecc. Come si inseriscono questi fatti nel quadro complessivo della capacità imprenditoriale cui Ella fa riferimento in continuazione? Forse anche il sistema impositivo/contributivo e quello sull'antiriciclaggio costituiscono il risultato di un "sistema normativo criminale"? O è piuttosto criminale il mancato adempimento di obblighi fiscali, legali e contributivi, perpetuato e reiterato nel tempo? Ma sicuramente i suoi familiari saranno stati in altre faccende affaccendati come da Lei ricordato ("erano costretti tutte le mattine di tutti i santi giorni ad andarsene in cantiere insieme agli operai). Purtroppo per gestire le aziende non servono soltanto gli operai, i capicantiere, i geometri, il personale tecnico, ma servono anche altre figure manageriali tali da potere "salvare le aziende dal fallimento al quale azioni scellerate le avevano condannate" (come Lei sardonicamente afferma). A tale proposito Le rammento che la COMESI - fiore all'occhiello del Gruppo Cavallotti - mostrava alla data della mia immissione in possesso, tutti gli indicatori economici, finanziari e patrimoniali propri delle aziende in dissesto, come potrebbe accertare anche Lei se volesse operare una analisi dei dati oggettiva, scevra da condizionamenti di natura soggettiva e affettiva nei confronti dei suoi parenti. E come, peraltro, già fatto dal geom. Salvatore Cavallotti in una nota a me trasmessa, nella quale indicava con lucidità quelli che a suo avviso costituivano elementi di crisi aziendali irreversibili senza la immissione di nuova liquidità per una decina di milioni di euro.Facile estrapolare una considerazione della GdF, in qualità di organo di P.G., ("se la COMEST avesse mantenuto le reti cedute avrebbe percepito compensi per il solo fatto di consentire alle aziende fornitrici, il transito del gas nelle proprie reti, verso gli utenti finali"), senza considerare che gli investimenti vanno coperti con fonti di finanziamento legali (mutui e/o capitale proprio) e che tali fonti devono essere legate tra di loro da rapporti fisiologici. E devono anche essere di provenienza lecita e cioè tracciabile e non devono essere comunque frutto di evasione fiscale e/o contributiva.Era evidente che il faraonico piano di investimenti della COMEST (erano state sottoscritte convenzioni con oltre una ventina di comuni con investimenti stimabili in almeno 100 milioni di euro!!!) non era sostenibile con il ricorso a provviste finanziarie coerenti con il patrimonio dei soci (come dimostrato dall'esito delle procedure di prevenzione), né con la redditività delle operazioni (soprattutto in assenza di evasione fiscale e contributiva), redditività che avrebbe dovuto sostenere un indebitamento fisiologico. Soltanto un grande lavoro di ristrutturazione finanziaria e patrimoniale, con cessione di taluni asset, avrebbe potuto riequilibrare fonti e impieghi e rendere economica la gestione della società, nel rispetto dei vincoli di natura fiscale e previdenziale. Cosa che fu fatta dal sottoscritto, senza bisogno di trascorrere le mie giornate in cantiere, ma piuttosto impiegando il mio tempo in complesse analisi, elaborate pianificazioni, estenuanti trattative, ecc. Cosa che mi ha consentito, al termine del mio mandato, di lasciare tutte le società con indebitamento bancario pari a zero a fronte di un indebitamento trovato pari a oltre € 3.480.000 e di lasciare la COMEST con un patrimonio netto di oltre 2 milioni di euro, a fronte di quello sostanzialmente negativo che mi fu consegnato al momento della nomina, con liquidità per circa € 460.000 e con un utile al netto di imposte pari a circa € 440.000 all'anno.Per concludere, in relazione al tono generale della sua lettera e delle sue non troppo velate accuse e insinuazioni, devo dirle che non comprendo come Lei possa sostenere che "in tutti questi anni ho cercato di spersonalizzare il dramma vissuto dalla mia famiglia". Probabilmente avrà cercato, ma non c'è riuscito. E la capisco; la vicenda in questione è sostanzialmente un dramma personale e familiare. E comunque dire di "non avere mai puntato il dito contro di me" appare quantomeno contrario alla evidenza: la stessa lettera inviatami pubblicamente e sapientemente articolata per non incorrere in querele a vario titolo (oltre ad una serie di interventi su massmedia e su social), ne è la smentita ufficiale: la ironia (definirla "sottile" sarebbe ridicolo) che la impregna non è sufficiente per consentirle di affermare che Lei non mi addossa responsabilità; ciò è palesemente contrario alla realtà e Lei continua a farlo senza tenere conto del fatto che le accuse contro di me e contro il mio operato contenute negli esposti formulati dalla Sua famiglia siano state archiviate. Ma capisco anche che la Sua azione nei miei confronti tende a operare una sostanziale ritorsione per le mie azioni dirette a realizzare efficacemente la immissione in possesso nei beni oggetto di sequestro, ad ottenerne il controllo effettivo e a garantirne la conservazione e la gestione. Mi riferisco al provvedimento del 16.11.1999 del G.D pro-tempore in cui si faceva espresso divieto ai componenti dei nuclei familiari Cavallotti e Mazzola “di accedere, senza regolare permesso scritto, nei locali o negli immobili sottoposti a sequestro ed oggetto di amministrazione giudiziaria, diffidandoli al contempo dal compiere attività o porre in essere comportamenti volti ad ostacolare o delegittimare le attività dell'amministratore giudiziario e dei suoi collaboratoriOpera di delegittimazione a suo tempo iniziata e, ad evidenza, ancora in corso. E ancora: per le segnalazioni che sono stato obbligato a fare in virtù dell'art. 2-septies, 2° comma della Legge 575/65. Mi riferisco alle segnalazioni che hanno portato al sequestro dell'intero capitale sociale, dell'intera struttura aziendale nonché del patrimonio della Eurocostruzioni S.r.l. con decreto emesso il 17 settembre 1999, e al sequestro della Ditta individuale Siciliana Servizi di Cavallotti Salvatore con decreto di sequestro del 26/07/1999.Inoltre: alla segnalazione che ha avuto come oggetto la società Euroimpianti Plus S.r.l. da Lei costituita insieme ai suoi parenti nel 2006 e con inizio attività il 17.09.2007. Società che continuava a vedere - in dispregio al già citato provvedimento del 16.11.1999 (Cfr. sopra) - la partecipazione gestoria attiva dei suoi parenti soggetti a misure di prevenzione antimafia, come risulta anche dalla dichiarazione resa dal dottore Bernardo Petralia, Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, nel corso della audizione avvenuta nella seduta n. 60 del 31 ottobre 2014 presso la "Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere". Infine vorrà prendere e dare atto che la Società che, secondo quanto da Lei affermato anche in una recente intervista, Le sarebbe stata restituita in condizioni fallimentari e con un indebitamento anomalo (e cioè la Euroimpianti Plus srl), NON è stata da me amministrata, ma piuttosto dall'avv. Andrea Aiello, mai da Lei citato, a conferma che l'unico Suo obiettivo è il sottoscritto e non l'accertamento della verità. Mi conforta, comunque, il fatto che nella Sua furia accusatoria coinvolga, oltre al sottoscritto, anche il Parlamento per avere emanato leggi "criminali", il Presidente della Repubblica per averle promulgate, la Magistratura per averle applicate, i Pubblici Ministeri per "avere tenuto nel cassetto esposti; in attesa di prescrizione", il Tribunale per avere emesso Sentenze sfavorevoli al Suo gruppo familiare. E, dimenticavo, anche il Prefetto di Palermo che, avendo sottoscritto con alcuni Sindaci un patto di legalità, avrebbe secondo quanto da Lei scritto, favorito la assegnazione alla mafia delle concessioni del gas revocate alla Comest. Con la stima e l'apprezzamento che merita, Le invio i miei migliori saluti, Modica de Mohac