«Il nostro è uno stato laico, non confessionale». Così il premier Mario Draghi ha liquidato il caso diplomatico esploso tra Italia e Vaticano dopo la notizia di una nota a verbale della Santa sede all’ambasciata italiana con la quale si chiede di rivedere il disegno di legge Zan contro l’omotransfobia perché violerebbe il Concordato del 1984. Intervenendo al Senato, il premier ha spiegato che «il Parlamento è libero di discutere e legiferare, ma il nostro ordinamento contiene tutte le garanzie per far si che le leggi rispettino sempre le garanzie costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il concordato con la Chiesa». Draghi ha rassicurato sui «controlli preventivi di costituzionalità» presenti nelle commissioni parlamentari competenti, richiamando anche a quelli successivi messi in atto dalla Corte costituzionale. «Una sentenza della Consulta del 1989 - ha commentato Draghi - dice che laicità non significa indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso, ma tutela del pluralismo e delle diversità culturali». Draghi ha poi fatto riferimento alla dichiarazione comune firmata dall’Italia e da altri sedici paesi europei «per esprimere preoccupazione su articoli di legge in Ungheria che discriminano in base all’orientamento sessuale». Insomma, ha chiosato l‘inquilino di palazzo Chigi, «il governo osserva attentamente la situazione, ma questo è il momento del Parlamento, non del governo».