Tredici Paesi dell’Unione europea hanno sottoscritto una dichiarazione in cui esprimono «forte preoccupazione» per la legge introdotta la scorsa settimana in Ungheria che, si denuncia, «discrimina in modo palese le persone Lgbtiq e viola il loro diritto alla libertà di espressione, con il pretesto di proteggere i minori». Fra i Paesi firmatari ci sono Francia, Germania, Spagna e Irlanda, e infine anche l’Italia. Si erano rincorse fino a sera infatti le polemiche per la mancata sottoscrizione da parte del nostro paese della dichiarazione congiunta. Fino al contrordine arrivato via twitter dal sottosegretario agli Affari europei, Enzo Amendola: «A fine Consiglio Affari Generali non sono arrivati chiarimenti soddisfacenti dall’ Ungheria sulle leggi approvate che producono discriminazioni in base all’orientamento sessuale. Per questo, dopo il dibattito, anche l’Italia ha firmato la richiesta degli altri 13 stati membri dell’Ue». «Stigmatizzare le persone Lgbtiq costituisce una palese violazione del loro diritto fondamentale alla dignità, così come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue e dal diritto internazionale», si legge nella dichiarazione congiunta promossa dal Belgio e a cui hanno aderito anche Olanda, Svezia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lussemburgo e Lettonia. «L’inclusione, la dignità umana, e l’uguaglianza sono valori fondamentali della nostra Unione europea, e non possiamo fare compromessi su questi principi», si legge inoltre nella dichiarazione in cui si invita la Commissione, a cui spetta la tutela dei trattati europei, a «usare tutti gli strumenti a sua disposizione per garantire il pieno rispetto delle leggi Ue, anche portando la questione difronte alla Corte di giustizia europea».  La legge varata in Ungheria proibisce programmi e materiali educativi per bambini che, si ritiene, «promuovano» l’omosessualità, identità sessuali diverse da quella di nascita o ridefinizione di genere. Il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ha difeso il provvedimento sottolineando che «va solo contro ai pedofili». Lo scontro si è ulteriormente inaprito dopo la decisione della Uefa di bloccare i piani delle autorità di Monaco di illuminare con luci arcobaleno lo stadio in occasione della partita Germania- Ungheria, in solidarietà con la comunità Lgbtiq contro il governo di Budapest. L’Uefa si è difesa, rivendicando la sua natura «politicamente e religiosamente neutra: dato il contesto politico della richiesta- un messaggio nei confronti di una decisione presa dal Parlamento ungherese - l’Uefa deve rifiutare», ha spiegato, facendo riferimento al "pomo della discordia", cioè la legge appena approvata in Ungheria. Parole che non hanno fatto desistere il sindaco della città tedesca, Dieter Reiter che, condannando la posizione «vergognosa» della Uefa, ha annunciato un piano alternativo che prevede bandiere arcobaleno in municipio e luci colorate su diversi edifici e luoghi, tra i quali un’enorme turbina eolica situata vicino allo stadio. «Ritengo vergognoso che la Uefa ci vieti di inviare un segnale di cosmopolitismo, tolleranza, rispetto e solidarietà con la comunità Lgbtiq», ha commentato il primo cittadino di Monaco. E se l’Allianz Arena non sarà illuminato dall’arcobaleno, altri si accenderanno con quei colori: tramite Twitter, il Colonia, la società sportiva con sede nell’omonima città tedesca, ha segnalato che i piloni del Rhein Energie STADION si illumineranno con i colori dell’arcobaleno in concomitanza della partita di domani. Ha segnalato che farà lo stesso anche l’Olympia stadion berlinese, lo stadio olimpico della capitale: «Per noi è ovvio opporsi alle discriminazioni», si legge in un cinguettio dell’account ufficiale dello stadio. Da parte sua, il governo ungherese ha esultato alla decisione della Uefa, definendola «buona». «Grazie a Dio, i leader del calcio europeo hanno dimostrato buon senso non partecipando a quella che sarebbe stata una provocazione politica contro l’Ungheria», ha osservato il ministro degli Esteri.