Salvini è un milanese atipico, cita Gaber ed è uno dei tanti piccoli segnali da non sottovalutare, nella sfida referendaria sulla giustizia lanciata ieri in conferenza stampa col Partito radicale. «Libertà è partecipazione», scandisce il segretario della Lega: verso indimenticabile e variamente saccheggiato dalla politica, eppure capace di servire da scudo. Perché gli argomenti per contestare ai pannelliani e al Carroccio la scelta di mettere i piedi nel piatto delle riforme, e sentire cosa ne pensano i cittadini, sono evanescenti.

La tesi (ieri per la verità poco gettonata) secondo cui i radicali e la Lega remano contro una buona riforma della giustizia rischia di essere insostenibile per almeno due ordini di motivi. Il primo è che intanto uno strumento previsto dalla Costituzione non può essere trattato come un atto sovversivo — anche se questa è in fondo l’accusa spesso rivolta a Marco Pannella. Il secondo motivo è che in ogni caso le proposte di referendum lanciate ieri nella conferenza stampa a via Torre argentina, storica sede del Partito radicale, sono una puntata al rialzo utile probabilmente a fiaccare le ritrosie dei partiti, soprattutto sul ddl penale.

UN SOTTOVALUTATO ASSIST PER CARTABIA

Nei prossimi giorni, forse a inizio settimana prossima, Marta Cartabia dovrà compiere il passo decisivo sulla prescrizione e in generale sulla riforma del processo disegnata da Alfonso Bonafede: depositerà i propri emendamenti, le proposte governative, quelle che dovrebbero mettere i partiti d’accordo. Non ne scaturirà una pace improvvisa, anzi sarà il calcio d’inizio per la partita più dura, quella che si giocherà in commissione Giustizia a Montecitorio sul voto degli emendamenti. Ma che potrebbe essere sbloccata proprio dal fatto che, in uno scenario così difficile, così minacciato dalle resistenze dei 5 Stelle, pronti a opporsi in tutti i modi alle modifiche sulla prescrizione, ci si troverà di fronte a chi la spara ancora più grossa. A chi, come hanno fatto capire ieri Maurizio Turco e Irene Testa ( segretario e tesoriera dei radicali) e appunto Matteo Salvini, vuol creare, con i referendum, l’impressione di una grande mobilitazione popolare sulla giustizia. Perché è questo il punto: con i radicali e la Lega che, come dice Salvini, puntano a raccogliere un milione di firme a quesito, dunque 6 milioni in tutto, con un’estate punteggiata da «tremila banchetti, aperti anche a Ferragosto» a partire dal primo «weekend di partecipazione» di inizio luglio, la giustizia diventerà un tema popolare, e chi ne rallenta la riforma sarà additato come un ostacolo, come la casta che si oppone al cambiamento. Idea notevole, che rischia di diventare un clamoroso assist per Cartabia.

Cosa prevedono i 6 quesiti abrogativi

Intanto i quesiti, che saranno depositati domani in Cassazione: tutti classicamente abrogativi, niente formule propositivo- consultive come ci sarebbe potuti aspettare almeno su alcune materie. Ad esempio, per citare i “titoli” assegnati da radicali e Lega alle 6 proposte, si parte con la “Responsabilità diretta dei magistrati”.

In pratica nella responsabilità civile si elimina lo schermo per cui tu fai causa alla presidenza del Consiglio, non al giudice o al pm, e poi Palazzo Chigi si rivale sulla toga caduta in errore: se vince il sì, il magistrato compare in giudizio. Più complicato il quesito sulla “Separazione delle carriere”: vengono eliminati tutti i singoli punti della disciplina vigente che prevedono passaggi da una funzione all’altra, non è chiaro se basterà.

Poi si parla di “Limiti agli abusi della custodia cautelare”: proposta abrogativa sorprendente e acuta, perché prevede di eliminare il carcere preventivo se motivato col solo rischio che la persona accusata reiteri lo stesso reato, strumento che in effetti lascia margini spesso eccessivi alla magistratura. Sono invece più immediati gli altri tre referedum: “Elezioni del Csm” prevede semplicemente l’abrogazione della norma che obbliga gli aspiranti togati a raccogliere firme per candidarsi, operazione per cui il sostegno delle correnti è spesso irrinunciabile: molto indovinato. Poi c’è la “Abolizione del decreto Severino”: la famigerata legge sarebbe spazzata via, con tutti i suoi discutibili azzoppamenti di sindaci condannati con sentenza non definitiva per un abuso d’ufficio impalpabile. E infine una piacevole sorpresa per gli avvocati: il referendum intitolato Equa valutazione dei magistrati” prevede l’abolizione di una norma relativa al funzionamento dei Consigli giudiziari, i cosiddetti “mini Csm” istituiti in ogni Corte d’appello. In particolare, se vincesse il referendum, avvocati e professori, cioè i componenti laici di questi organismi, non sarebbero più costretti a uscire letteralmente dalla sala della riunione quando si discute delle “valutazioni di professionalità”, i pareri da trasmettere al Csm sugli scatti di carriera dei magistrati. Avvocatura e accademia avrebbero diritto di voto su questi documenti: si tratta di una battaglia storica del Consiglio nazionale forense, che ora è confluita in emendamenti alla riforma del Csm messi a punto dal Pd e da Forza Italia. Insieme col referendum sulle liste per eleggere i togati, sarebbe il solo quesito effettivamente sovrapponibile alle riforme nelle mani di Cartabia.

Ma qui entra in gioco l’astuta e plausibile strategia dei radicali e di Salvini: «Questa nostra campagna è un pungolo, un aiuto sia alla politica sia alla magistratura sana», dice Irene Testa. Salvini aggiunge: «Lo è anche per la ministra Cartabia, su cui contiamo». Paradossale? No, perché come fa notare il capo leghista, «questi sono temi di cui non ci si sta occupando, abbiamo scelto di non togliere al Parlamento le materie su cui è al lavoro». Quasi del tutto vero se non per quei due passaggi della riforma relativa al Csm, ossia le liste e i Consigli giudiziari, sui quali sarebbe arduo parlare di “pericolosa collisione”.

E poi tra le carte favorevoli al progetto c’è l’insolito connubio. Testa ringrazia Salvini «per la collaborazione su questo obiettivo comune, anche se molte cose ci dividono». La strana sinergia in realtà rischia di essere un motivo di suggestione in più. Che il segretario del Carroccio avvalora con adulazioni del tipo «sono in una sede ricca di storia e mi auguro di presente e di futuro», e «per me è un onore essere qui». Alle spalle le gigantografie di Marco Pannella. Che probabilmente ha già afferrato la busta dei popcorn per godersi la scena.