«Rinviando il compito di modificare la legge al Parlamento, mi pare che la Corte riconosca la specificità del regime da applicarsi ai condannati per mafia. Perciò richiede che per questi casi il Parlamento stabilisca regole specifiche per l’accesso alla liberazione condizionale, accompagnate eventualmente da specifiche prescrizioni che governino il periodo di libertà vigilata. Il Parlamento ha un anno di tempo per stabilire regole speciali. La sfida sarà proprio questa: stabilire un regime adeguato, che consenta la liberazione condizionale per i condannati di mafia, anche se non collaboranti, tenendo conto però delle particolari caratteristiche dei reati di associazione mafiosa, i particolari legami che potrebbero perdurare nel tempo o ricostituirsi con l’uscita dal carcere». Lo ha detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, in un colloquio con Maria Falcone, pubblicato oggi sul Foglio e che andrà in onda domani su Rai Storia in occasione della Giornata della legalità nel 29esimo anniversario della strage di Capaci. «Credo che qui veramente la responsabilità del Parlamento debba entrare in gioco. Sono state già preannunciate proposte di legge da alcune forze politiche. Seguiamo con attenzione il dibattito. Tra l’altro, consideriamo anche un altro elemento. Ci furono preoccupazioni anche dopo la prima sentenza della Corte del 2019, che ammetteva ai permessi premio anche i detenuti condannati per reati ostativi. Tuttavia, dal momento della sentenza, sono state presentate solo sei richieste di ammissione al permesso premio, ma in nessun caso è stato accordato. Decisioni di questo tipo sono circondate da molte garanzie», aggiunge.Secondo il guardasigilli: «tutto questo serve proprio a cercare di evitare il rischio che un’eventuale uscita dall’isolamento permetta di ricreare i legami con le organizzazioni criminali. Credo che questo debba essere un elemento da tenere ben presente quando il Parlamento elaborerà questa legislazione di attuazione della sentenza: occorrerà superare quel divieto di liberazione condizionale senza collaborazione, ma occorrerà anche circondarlo di garanzie, senza mai dimenticare, come dicevamo prima, la difficoltà di recidere quel legame fortissimo dei condannati per mafia con il loro contesto».