La preclusione assoluta della liberazione condizionale per chi non collabora con la giustizia è incostituzionale, ma essendo una misura decisamente ben diversa dal permesso premio (poche ore l’anno di “libera uscita”), dovrà pensarci il Parlamento a varare una legge che modifichi l’ ergastolo ostativo. Il motivo? Un intervento meramente “demolitorio” della Consulta, potrebbe produrre effetti disarmonici sul complessivo equilibrio di tale disciplina, compromettendo le esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva che essa persegue per contrastare il fenomeno della criminalità mafiosa. La motivazione dell'ordinanza n.97 Parliamo della motivazione, appena depositata, dell’ordinanza n. 97 (redattore Nicolò Zanon) con cui la Corte costituzionale ha stabilito che spetta, appunto, al Parlamento, modificare questo aspetto della disciplina relativa all’ ergastolo ostativo. I giudici delle leggi danno tempo un anno, altrimenti dovranno pensarci loro il 22 maggio del 2022. Nella motivazione, la Consulta, nel ribadire l’incostituzionalità della preclusione assoluta, osserva nuovamente un punto ancora non chiaro ai detrattori di tale assunto: «La collaborazione con la giustizia non necessariamente è sintomo di credibile ravvedimento, così come il suo contrario non può assurgere a insuperabile indice legale di mancato ravvedimento: la condotta di collaborazione ben può essere frutto di mere valutazioni utilitaristiche in vista dei vantaggi che la legge vi connette, e non anche segno di effettiva risocializzazione, così come, di converso, la scelta di non collaborare può esser determinata da ragioni che nulla hanno a che vedere con il mantenimento di legami con associazioni criminali». Il senso è chiaro. Chi collabora con la giustizia non vuol dire che sicuramente è una persona ravveduta (alcuni potrebbero farlo per scopi non genuini): ben altri sono i parametri di valutazione. Stesso identico discorso per chi decide di non collaborare: non vuol dire automaticamente che sia una persona ancora legata alla mafia e non ravveduta. La Consulta ha esaminato la liberazione condizionale per chi è all'ergastolo ostativo Le norme portate all’esame della Consulta stabiliscono che i condannati all’ergastolo per reati di contesto mafioso, se non collaborano utilmente con la giustizia non possono essere ammessi alla liberazione condizionale. Possono invece accedere a tale beneficio, dopo aver scontato almeno 26 anni di carcere, tutti gli altri condannati alla pena perpetua, compresi quelli per delitti connessi all’attività di associazioni mafiose, i quali abbiano collaborato utilmente con la giustizia. L’ordinanza della Consulta spiega che è proprio l’effettiva possibilità di conseguire la libertà condizionale a rendere compatibile la pena perpetua con la Costituzione: se questa possibilità fosse preclusa in via assoluta, l’ergastolo sarebbe invece in contrasto con la finalità rieducativa della pena richiamata dall’articolo 27 della costituzione. Ma, appunto, la Consulta dà un anno di tempo al parlamento per varare una legge, consigliando, ad esempio, di introdurre «prescrizioni peculiari che governino il periodo di libertà vigilata del soggetto in questione».