Il 17 maggio scorso, a Palisades, nei dintorni di Los Angeles, è divampato un violento incendio che ha mandato in fumo più di 1300 acri di vegetazione, 1000 persone sono state costrette ad evacuare le loro abitazioni mentre la “città degli Angeli” veniva avvolta da fumo e cenere. La polizia annunciò di aver preso in custodia un sospetto piromane, un circostanza confermata anche dallo stesso sindaco della megalopoli Eric Garcetti durante una conferenza stampa.

Ciò che invece non ha avuto risalto immediato sulle cronache è che il possibile piromane era stato individuato grazie ad un’ applicazione scaricabile sugli smartphone dei cittadini. Si tratta di Citizen, un app che fornisce agli utenti informazioni sulla criminalità locale tramite scanner della polizia e altre fonti. Il problema è che il sospettato è stato poi scagionato perché risultato estraneo ai fatti (la polizia ha successivamente arrestato il vero autore del crimine), era un senza tetto finito ingabbiato in una vicenda kafkiana che apre scenari inquietanti per la giustizia penale, la privacy e le nuove frontiere del controllo sociale.

Citizen ha inviato un alert sull’incendio includendo una foto dell’uomo ingiustamente accusato, il suo viso è stato visto immediatamente da oltre 861mila persone, inoltre l’app ha offerto anche una ricompensa (sarebbe meglio dire una taglia) di ben 30mila dollari per chiunque avesse fornito informazioni utili all’arresto. Citizen ha riconosciuto l’errore è ha tolto la foto che però è rimasta visibile per più di 15 ore, inoltre ha ammesso che la ricompensa era stata promessa senza un effettivo coordinamento con le agenzie preposte al caso.

A questo punto è emersa tutta la pericolosità di un tale sistema tecnologico. Per Jim Braden, lo sceriffo che ha interrogato l'uomo ingiustamente accusato, le azioni di Citizen sono state «potenzialmente disastrose», in molti si chiedono dove porterà l’uso di app come questa che si stanno diffondendo però in molte città degli Stati Uniti. La giustizia dunque finisce per essere privatizzata, si incoraggia il fenomeno del “vigilantismo” aumentando il rischio che false accuse diventino virali. Secondo Sarah Esther Lageson, assistente professore alla Rutgers School of Criminal Justice, «una falsa accusa è quasi come una condanna ora, a causa del modo in cui le persone sono così rapidamente esposte al pubblico. Con la loro immagine e il nome online, la notorietà è per sempre.» Esiste poi un pericolo ancora maggiore e cioè che vengano incoraggiati gli stereotipi razziali e sociali. Per la studiosa infatti «Queste app spostano quella dinamica di potere della sorveglianza e della risposta ai crimini, consentendo al possessore del telefono di determinare chi è sospetto e perché».

In realtà Citizen ha una storia breve ma già costellata di critiche ed accuse. E’ stata infatti lanciata nel 2017 a New York con il nome originario di Vigilante, l’idea è stata quella di usare i dati sulla posizione per fornire agli utenti informazioni sulla criminalità nella loro area, una trovata vincente per una società evidentemente impaurita e insicura. Non a caso si è estesa in più di 20 città tra cui Baltimora, Los Angeles, Filadelfia e Detroit. Il claim con il quale viene pubblicizzata è chiaro: «Proteggere te stesso, le persone e i luoghi a cui tieni». E probabilmente non è un caso che, sempre a Los Angeles, l’app sia stata impiegata per consentire il tracciamento dei contatti durante la pandemia di Covid.

Il vero problema è che gli utenti sono invitati a trasmettere in streaming i filmati delle conseguenze di crimini e incidenti di varia natura, evidentemente questo non allontana le persone dal pericolo come viene propagandato e può mettere a rischio la vita di altri. Una stortura che è stata alla base dello stesso cambiamento di nome dell’applicazione che venne ritirata dopo un anno dalla sua nascita dall’app store di Apple. Fin da subito infatti apparve chiaro che offrire la possibilità di riprendere crimini e commentarli sarebbe sfociato nel vigilantismo. Non esiste poi un vero e proprio criterio di valutazione sui fatti segnalati, è lo stesso CEO di spOn ( l’azienda creatrice di Citizen) ad affermare che ogni giorno vengono raccolte solo 3- 400 chiamate sulle circa 10mila che arrivano al 911 a New York.

Resta il fatto che applicazioni di questo tipo rappresentano sempre più un grande business con rivolti discriminatori e si stanno moltiplicando. Basti pensare a Ghetto Tracker o SketchFactor che fondamentalmente, nelle loro prime versioni, utilizzavano dati pubblici per “aiutare” le persone bianche a evitare quartieri apparentemente ' pericolosi' e cioè popolati da neri o ispanici. Lo stesso criterio utilizzato da Nextdoor dove a causa del “profilo razziale” il prodotto ha dovuto cambiare pelle e scopo. Per capire l’entità dell’affare basta vedere la quantità di denaro immesso dagli investitori per il lancio di Citizen: 3 milioni di dollari di finanziamento iniziale da parte del fondo Founders di Peter Thiel ( tramite FF Angel), Slow Ventures, RRE Ventures, Kapor Capital con il suporto di Ben Jealous, ex CEO della NAACP) e altri soggetti.