Alle prese con unaspra azione politico-legale con Rousseau sullelenco degli iscritti, Giuseppe Conte prova a sollevare gli umori dei militanti delusi col più classico dei cavalli di battaglia grillini: la lotta alla casta. E in quel frullatore di rivendicazioni sociali e slogan di piazza ci finisce di tutto, anche i diritti. Come quello alla pensione di Roberto Formigoni, condannato per corruzione, e per questo meritevole, secondo la retorica pentastellata di essere privato di tutto. Per il Consiglio di Garanzia del Senato, invece, allex governatore lombardo quei soldi spettano eccome. Perché il diritto alla pensione è riconosciuto a chiunque (allinfuori della politica) condannato o no. E non basta giocare col vocabolario, sostituendo la parola pensione con vitalizio per aver ragione di un sopruso. Al massimo si otterranno dei like su Facebook. Come li ottiene Conte, che sui social scrive: quella del Consiglio di Garanzia «è una decisione che considero erronea, che trasmette un messaggio profondamente negativo per i cittadini, perché mina il delicatissimo rapporto di fiducia con le istituzioni, tanto più in questo momento», scrive lex premier, con la stessa enfasi di Paola Taverna. «Qualcuno continuerà a chiamare questo nostro impegno populismo. Per noi è una battaglia di civiltà a garanzia e a tutela del prestigio e della credibilità delle istituzioni», conclude Conte, sperando forse di aver convinto qualche simpatizzante di Casaleggio.