di Antonino La Lumia e Alberto Vigani* La crisi sta investendo frontalmente le professioni e uno dei punti più rilevanti per l’avvocatura è la necessità di provvedere agli aggiornamenti dei parametri per la liquidazione dei compensi previsti dal Dm 55 del 2014. La legge professionale forense prevede che i parametri siano aggiornati ogni due anni con decreto del ministro della Giustizia, su proposta del Cnf. Poiché i precedenti parametri sono stati attualizzati prima con il Dm 12 aprile 2016, n. 61, e poi con il Dm 8 marzo 2018, n. 37, ad oggi è scaduto da oltre un anno il termine per il loro rinnovo. Peraltro, all’epoca dell’ultimo intervento ministeriale, il Cnf aveva ben già approvato la proposta dei nuovi parametri, trasmessa al ministero dopo una condivisione con i Consigli dell’Ordine, le Unioni regionali e con le associazioni forensi. Va infatti chiarito che i decreti succedutisi a partire dal 2014 non hanno previsto alcun mutamento nei valori, che restano appunto fermi al decreto 55. L’ultimo Dm, del 2018, aveva introdotto un’importante novità: attraverso la riformulazione delle norme che prevedono la possibilità per il giudice di discostarsi dai valori medi, sono inibite liquidazioni sotto la soglia minima. Così la norma ora prevede che la riduzione del valore medio non possa essere superiore al 50%. Anche nell’amministrativo è stata colmata una lacuna, con la previsione dell’aumento del 50% per il caso di redazione dei motivi aggiunti. Ma ora è necessario introdurre ulteriori correttivi. Dopo il decorso del biennio dall’approvazione del Dm del 2018, il Cnf dovrà ora predisporre una nuova ipotesi di modifica dei parametri. Riteniamo però che non ci si debba limitare ad aggiornamenti e rivalutazione degli importi, apparendo piuttosto necessario insistere sulla linea già indicata in precedenza dal Cnf, che aveva formulato diverse proposte ancora attualissime, tutte visibili online sul sito istituzionale. Oltre alle ovvie e indispensabili rivalutazioni dei valori, è improcrastinabile che il ministero accolga le istanze del Cnf anche al fine di allineare tutti i procedimenti di primo grado “attraverso lo sviluppo di tabelle, indicandone i parametri previsti per il primo e il secondo grado nel contenzioso civile, prescindendosi dall’autorità giudiziaria competente in via funzionale”. Crediamo, infatti, che sia necessario operare secondo quanto rilevato dal Cnf già nel febbraio 2017, accorpando i parametri previsti nei giudizi avanti Giudice di Pace e Tribunale, per le medesime fasce di valore, da unificarsi in quella che avrebbe dovuto essere la nuova fase di primo grado, anche in relazione alle modifiche della competenza del Giudice di Pace ampliata per materia e valore. Al contrario, non si può ritenere accettabile mantenere gli irrisori valori previsti per il contenzioso avanti il Giudice di Pace, perpetuando per altri versi la discriminazione tra i valori liquidati per giudizi del medesimo valore avanti uffici differenti. Occorre anche riallineare, in sede penale, tutti i parametri nella misura pari almeno al 20% di quelli attuali. Rispetto alle altre questioni prioritarie, siamo convinti della necessità che tutte le richieste già presentate nel 2017 dall’avvocatura siano accoglibili. Ad esempio, in tema di compensi agli arbitri, dove i parametri attuali chiariscono unicamente che spettano a ciascun arbitro. In tema di attività stragiudiziale, i parametri attuali disattendono totalmente l’organica proposta del Cnf, che prevedeva la distinzione dell’attività tra consulenza e assistenza: il Dm prevede, infatti, un’unica tabella per l’attività di mediazione e negoziazione assistita sulla cui base “di regola” deve essere liquidata tale attività distinta, anche ai fini della liquidazione, in tre fasi (attivazione, negoziazione, conciliazione). Ancora, va risolto il problema delle irrisorie liquidazioni relative alla fase post decisionale e alla redazione del precetto. Va eliminato il grave vulnus dell’articolo 4 comma 9, che fa ricadere sul difensore le conseguenze di una condanna ex 96 cpc o nel caso di improponibilità, inammissibilità o improcedibilità della domanda, contribuendo a confondere parte e difensore. Va introdotta, nell’amministrativo, una tabella per i giudizi di ottemperanza. Nel penale, sono state disattese le richieste dell’avvocatura tranne la già cennata riformulazione della norma sulla liquidazione in diminuzione, che dovrebbe impedire liquidazioni giudiziali sotto i minimi. Siamo già in ritardo. Il ritardo esiste e non permette di attendere ancora su una questione essenziale per l’avvocatura. I parametri sono del 2014, avrebbero dovuto essere riformulati già nel 2017, e invece se n’è parlato un anno dopo la scadenza. Dovremmo avere un cantiere aperto sul tema da un anno e invece la macchina è ferma, per usare un eufemismo. Le modifiche richieste sono ad oggi ancor più necessarie alla luce della volontà precisata dalla ministra Cartabia di dare impulso all’entrata in vigore della riforma della magistratura onoraria, portando, secondo gli ultimi rumors, a 30mila euro per l’ordinario e a 50mila euro il limite di valore per il contenzioso da circolazione avanti il Giudice di Pace. Quando la riforma della competenza del Giudice di Pace sarà a pieno regime, se resteranno fermi i riferimenti tabellari attuali, vi sarà il nefasto effetto di rendere assolutamente inadeguati i parametri del civile, con pregiudizio tanto per i procuratori quanto per le parti, che vedranno economicamente insostenibile la loro difesa davanti a tale autorità. *Presidente e Vicepresidente di Movimento Forense