Le valutazioni che ho svolto da molti anni sulla giustizia e sulla magistratura non hanno mai riguardato le persone ma i fatti: gli avvenimenti che accadono sono sempre ovviamente riferibili a soggetti che operano, ma essi vanno osservati nella loro oggettività perché configurano decisioni, prese di posizione e per la magistratura producono giurisprudenza. Di fronte ad avvenimenti e a polemiche che questa volta umiliano la magistratura e mettono in risalto le responsabilità di alcuni magistrati che avrebbero in maniera molto disinvolta compiuto operazioni senza le formalità previste dalla legge, le valutazioni da fare non possono non essere riferite alle persone. Le quali come hanno contribuito per il passato ad esaltare in maniera impropria il ruolo e la funzione della magistratura nella società, così oggi contribuiscono in maniera vistosa a deprimere la stessa funzione.

Non c’è dubbio che oggi non è solo in discussione la problematica complessiva della giustizia, il suo rapporto istituzionale con il potere politico, ma è prioritaria appunto la valutazione del comportamento di questi magistrati che per l’opinione pubblica rappresentano la magistratura. E’ doveroso dunque dare giudizi sulle persone, senza contraddire certamente il “garantismo” che in genere è usato a proposito e a sproposito a seconda delle convenienze; e la convenienza in questo caso è per la grande stampa quella di rispettare le “persone” ed evitare processi sommari e non infierire sui magistrati. Non possiamo non essere d’accordo e ci rammarichiamo perché in genere si fa il contrario.

Chiediamo da tempo chiarezza sulla parola “garantismo” che è di orientamento nel rapporto tra il cittadino e le istituzioni: il significato del garantismo consiste nel “principio dello stato di diritto che si concretizza nell'esistenza di un insieme di garanzie costituzionali atte a tutelare le fondamentali libertà dei cittadini nei confronti del potere pubblico (e, in particolare, nei confronti del potere giudiziario). Questo dovrebbe essere costantemente una stella polare per l’informazione.

I nostri costituenti si sono ispirati a questa cultura quando hanno inserito in Costituzione la presunzione di innocenza, che è un principio mite, di grande solidarietà umana e sociale prima che giuridico e per questa ragione si chiede che sia ispiratore di ogni comportamento del magistrato, del giornalista, dell’uomo della strada per impedire giudizi sommari, processi mediatici che turbano l’opinione pubblica e fanno strage delle libertà individuali.

Piercamillo Davigo, Gerardo Greco, Sebastiano Ardita, di cui si parla in questi giorni, sono giuristi di livello con alcuni dei quali mi sono confrontato per il passato, anche se in forte polemica, rispettando la loro funzione, ma non mi stanco di ripetere che fanno parte di quel pool che nelle indagini giudiziarie hanno adottato metodi e sistemi anomali che hanno costituito un orientamento per tutta la magistratura. Da "Tangentopoli" in poi, lo ripeto ricorrentemente, le procure sono state impegnate a processare il "sistema", quello politico in particolare, più che a indagare sui singoli reati e sui diretti responsabili, e di conseguenza i pm hanno assunto la caratteristica molto impropria e pericolosa di magistrato “etico“ che vuole condannare il male e non reprimere l’illegalità.

Questo è ormai un dato acquisito non più contestabile e d’altra parte se ci riferiamo al pool di Milano negli anni di Tangentopoli, ricordiamo che il procuratore Francesco Saverio Borrelli nel 2011, con la maggior saggezza dell’ex magistrato, ha detto che “non valeva la pena buttare all’aria il mondo precedente per cascare in quello attuale“, e quindi si era reso conto che vi erano state ' anomalie' che tanto male hanno fatto alla magistratura e al paese. Il suo umorismo intellettuale, perché cultore di musica classica, lo aveva portato a dire una cosa assolutamente indicativa, che “noi non incarceriamo la gente per farla parlare, la incarceriamo dopo che ha parlato!” Mi piace sottolineare che il magistrato Gherardo Colombo, un fine giurista, ormai pensionato, si dedica proficuamente a riscattare i detenuti!

Orbene noi come sempre sospendiamo qualunque giudizio, ma valutiamo i comportamenti e le prese di posizioni di giornalisti e commentatori. Consegnare verbali segreti come ha fatto Davigo a singole persone sia pure rappresentative delle istituzioni e non all’ “Istituzione”, per evitare “la diffusione delle notizie “è un illegalità che non può essere spiegata con valutazioni infantili; assistere a dichiarazioni diverse tra lo stesso Davigo e il Vice Presidente del CSM, persone di così alto livello di responsabilità, non è un esempio di trasparenza, né rivela autorevolezza; consegnare quei verbali al Presidente dell’antimafia è un sotterfugio colpevole; e infine fa in qualche modo rabbia e tenerezza la dichiarazione di David Ermini che si vuol depotenziare il CSM?!! Tutte queste cose sono contrarie alla ragione e al buon senso! Queste e tante altre sono le anomalie che riguardano soprattutto il comportamento di Davigo che dovrebbe essere sempre rispettoso delle formalità legali, per cui è davvero grave sentire dallo stesso che le formalità si possono osservare nei normali casi e non in quelli eccezionali! C'è da rilevare una cosa importante che Giancarlo Caselli altro magistrato autorevole ha scritto due articoli nei quali con garbo si astiene dal "difendere" Davigo e attende “senza pregiudizio o aspettative precostruite gli sviluppi della vicenda”.

Caselli conferma stima e rispetto per il suo amico e per il magistrato Ardita, ma non riesce a difenderli, perché anche lui come magistrato in pensione ha finalmente maturato saggezza! Nel suo scritto c’è pur sempre la clausola finale che bisogna sconfiggere chi vuole attentare all’indipendenza della magistratura immaginando che ci sia sempre questo intento in chi critica, credo però che Caselli in cuore suo sappia che sono i magistrati stessi e non i politici ad attentare alla loro indipendenza preferendo chiudersi in una “autonomia” autoreferenziale E’ stato detto che assistiamo alla caduta degli “dei“ di mani pulite e lo stesso Caselli, ripete che c’è tanto livore perché Davigo è il simbolo di mani pulite, un “icona“ della magistratura per la capacità di applicare la legge in maniera uguale per tutti“… quindi “un bersaglio grosso“.

Come non rilevare che la patologia è proprio questo ruolo esponenziale che alcuni magistrati hanno assunto come “simboli”, che si ritengono “guerrieri della luce”, al di sopra di tutti, e questo ha determinato la crisi della magistratura e la sua chiusura in una logica di potere come alcuni di noi denunziano da vari anni solo per amore della giustizia e del ruolo importante per le istituzioni del magistrato. Se Davigo è un’ “icona“ perché applica la legge in maniera uguale per tutti, tutti i magistrati dovrebbero essere “icone“ altrimenti… Ci hanno insegnato che la magistratura è un potere diffuso e quindi l’individualismo, che è il male della magistratura, dovrebbe essere bandito. È da tempo che propongo in maniera un po' semiseria, ma ai tempi del terrorismo forse aveva un preciso significato di tutelare delle persone, di evitare di pubblicare i nomi dei magistrati per evitare appunto un protagonismo fuori luogo. La riservatezza farebbe aumentare il prestigio delle istituzioni e Davigo sarebbe “un magistrato“ stimato e rispettato, mentre oggi invece, è valutato e discusso!