Ha provocato molti spunti di riflessione, ampi dibattiti, la condanna all’ergastolo per i due giovani statunitensi Lee Finnegan Elder e Gabriel Natale Christian Hjorth per l'omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega, avvenuto nel luglio del 2019. Il dibattito è ritornato nuovamente sulla pena perpetua. La richiesta dell'abolizione dell'ergastolo è sempre appartenuta alla cultura giuridica e civile democratica. In Assemblea costituente fu espresso un significativo indirizzo e voci autorevoli si levarono, soprattutto da parte di coloro che avevano sofferto lunghissimi anni di detenzione durante il fascismo, contro la reclusione a vita. Al problema non fu dato tuttavia un diretto sbocco a livello costituzionale, poiché si ritenne che esso dovesse essere affrontato e risolto dal legislatore ordinario nell'ambito di una revisione del sistema delle pene. Ma sono passati 73 anni e non solo non è stato messo in discussione, ma nel frattempo si è aggiunto anche l’ergastolo ostativo, nato in un contesto emergenziale quando imperversava la mafia stragista. Le ragioni di chi chiede l'abolizione dell'ergastolo Le ragioni di chi chiede l’abolizione di tale pena sono note: l'ergastolo è una pena inumana, che toglie all'uomo la speranza, che confligge in modo inconciliabile con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena. D'altro canto la Corte costituzionale respinse a suo tempo l'eccezione di incostituzionalità di questo tipo di sanzione penale, solo perché dopo l'entrata in vigore della legge 25 novembre 1962, n. 1634, che aveva ammesso la liberazione condizionale anche per l'ergastolano dopo l'espiazione di ventotto anni (oggi ventisei) di detenzione, essa aveva cessato di connotarsi di fatto con quel carattere di perpetuità che sarebbe stato incompatibile con il concetto stesso di rieducazione. Il Garante: nell'ultimo anno tali le liberazioni condizionali sono state 4 Ma è errato pensare che l’ergastolo, solo perché c’è la possibilità della liberazione condizionale, sia solo sulla carta. A spiegarlo è il garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma. Ha prima premesso: «Pensare che per punire un gravissimo omicidio commesso a meno di vent'anni non si debba dare un'ipotesi di futuro diverso dal carcere (l'ergastolo), neppure molto lontano nel tempo, è dichiarare inutile ogni discussione sulla finalità rieducativa della pena». Il Garante, infine, ha aggiunto qualche dato che fotografa la realtà dei fatti: «A chi poi obietta sulla possibile liberazione condizionale dopo ventisei anni, vale la pena far conoscere qualche numero: nell'ultimo anno tali liberazioni condizionali sono state 4 e il numero di detenuti ergastolani è sceso di 21; per gli altri 17 è stata evidentemente una pena a vita».I dati sono significativi. Per questo bisogna ripescare un documento sempre del Garante, in particolare quello relativo all’Amicus Curiae per quanto riguarda l’allora imminente decisione della Consulta sull’ergastolo ostativo. Gli ergastolani sono 1.800 Alla data del primo settembre 2020 le persone condannate all'ergastolo presenti negli istituti penitenziari risultano 1.800. Di esse, 1.271 sono detenute per reati inclusi nell'art. 4 bis, e che, in ragione di ciò, scontano un ergastolo ostativo. Ma veniamo al dunque. Si apprende che il numero di ergastolani presenti in carcere risulta, peraltro, in costante crescita negli ultimi quindici anni, essendo passato, senza flessione alcuna, dai 1.224 del 2005 ai 1.800 attuali, con un incremento medio annuo di 40 unità. Questo dato, considerato nell'arco di tempo cui si riferisce, secondo il Garante nazionale, induce a ritenere che l’andamento progressivo sia determinato dall'aumento delle condanne a vita e non sia inciso, se non per numeri davvero esigui, dalla diminuzione derivante dall'accesso alla liberazione condizionale di ergastolani comuni o (non più) ostativi. Ed ecco che, dati in mano, parlare di ergastolo solo sulla carta è un luogo comune. Tale istituto giuridico, pensando alla sola Europa, è stato abolito dalla Spagna, Portogallo e dal 2013 anche dal Vaticano grazie all’intervento dell’attuale Papa per dare un messaggio contro il populismo penale. Nel recente passato i partiti progressisti – ora quasi del tutto assenti in parlamento -, avevano avanzato proposte di legge in tal senso. Si è tentato, invano, di compiere importanti passi in avanti nel campo del diritto penale verso l'introduzione di un nuovo codice, che sostituisca quello vigente, che risale al 1930 e che, malgrado le modifiche apportate e gli interventi della Corte costituzionale, è ancora caratterizzato da una concezione del diritto penale, e della pena, che mal si concilia con i princìpi costituzionali. Ciò diventa ancora più inconciliabile quando parliamo di giovani che hanno meno di 20 anni e se tutto va bene usciranno dopo quasi 30 anni. Se va male, solo da morti.