Si era anticipato in queste pagine (vedi Il Dubbio del 14 aprile) come fosse stato presentato, nell’ambito della discussione al Senato del decreto legge Sostegni (Dl 41/2021), un emendamento che prevede la sospensione degli adempimenti, senza ripercussioni, per il professionista che ha contratto il covid-19. Questo emendamento, che ha visto come primo firmatario il senatore Andrea de Bertoldi, esponente di Fratelli d’Italia in commissione Bilancio, nonché commercialista, è in procinto di essere approvato questa sera, con buone probabilità, visto il sostegno bipartisan sulla modifica. L’emendamento (il cui codice è 22.0.1 al ddl 2144, cioè alla legge di conversione del Dl Sostegni) prevede l’introduzione di un articolo 22-bis nel testo del provvedimento governativo, articolo intitolato “Disposizioni per la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico del libero professionista in caso di malattia o di infortunio”. Nella versione che va in votazione, la norma proposta si articola in 5 commi. Nel primo di questi si afferma che “al fine di tutelare il diritto al lavoro e la salute quale diritti fondamentali dell'individuo, ai sensi di quanto disposto rispettivamente dagli articoli 4 e 32 della Costituzione, in deroga alla normativa vigente, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la mancata trasmissione di atti, documenti e istanze, nonché i mancati pagamenti entro il termine previsto che comporti mancato adempimento verso la pubblica amministrazione da parte del professionista abilitato per sopravvenuta impossibilità dello stesso per motivi connessi all'infezione da coronavirus 2 (SARS-CoV-2), non comporta decadenza dalle facoltà e non costituisce comunque inadempimento connesso alla scadenza dei termini medesimi. Il mancato adempimento di cui al presente comma, non produce effetti nei confronti del professionista e del suo cliente”. In sostanza il mancato rispetto dei termini previsti per adempimenti dichiarativi e di versamento, a carico del professionista non produce conseguenze, né per il professionista, né per il cliente. Il meccanismo proposto è quello della sospensione dei termini, come precisa il comma 2 del proposto articolo 22-bis: “Nel caso di impossibilità sopravvenuta..., il termine è sospeso a decorrere dal giorno del ricovero in ospedale, o dal giorno d'inizio della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, o dal giorno d'inizio della quarantena con sorveglianza attiva, fino a 30 giorni decorrenti dalla data di dimissione dalla struttura sanitaria, o conclusione della permanenza domiciliare fiduciaria, o della quarantena, certificata secondo la normativa vigente”. Il comma 3 precisa però che “la sospensione dei termini... per gli adempimenti a carico del cliente eseguiti da parte del libero professionista si applica solo nel caso in cui tra le parti esiste un mandato professionale avente data antecedente al ricovero ospedaliero o all'inizio delle cure domiciliari. Il certificato medico attestante la decorrenza, rilasciato dalla struttura sanitaria o dal medico curante deve essere consegnato o inviato, tramite raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero con posta certificata, presso i competenti uffici della pubblica amministrazione, ai fini dell'applicazione delle disposizioni ...”. Dunque, il professionista deve rispettare 3 condizioni: 1) farsi firmare dal cliente un incarico professionale scritto con data certa (quindi con apposizione di firma digitale, o scambio di pec); 2) ottenere dal medico curante, o da una struttura sanitaria pubblica, un certificato medico attestante la condizione di malattia del professionista; 3) inviare tale certificazione medica alle Pa destinatarie dell’adempimento ritardato. Una disposizione interessante è quella finale (comma 5), che quantifica in 10 milioni di euro il costo del rinvio dei termini per gli adempimenti, da coprire con le risorse del fondo per le esigenze indifferibili (previsto dall’articolo 41 del Dl 41/2021), che ha una dotazione di 550 milioni di euro.