Sono passati cinque anni da quanto la Corte Europea di Strasburgo ha condannato l’Italia per la detenzione arbitraria di cittadini stranieri nel Centro di soccorso e prima accoglienza, ma non è ancora garantito l’effettivo rispetto dei diritti negli hotspot. Per questo motivo, il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, in seguito alle criticità e violazioni segnalate da Asgi, A Buon Diritto Onlus e Cild, ha deciso sottoporre a esame il nostro Paese nel mese di dicembre 2021.

Come ricorda l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione ( Asgi), nel 2016 la Cedu aveva condannato l’Italia nel caso Khlaifia c. Italia per la detenzione arbitraria di cittadini stranieri nel Centro di soccorso e prima accoglienza ( Cspa) di Contrada Imbriacola a Lampedusa e a bordo delle navi Vincent e Audacia e per l’assenza di mezzi di ricorso effettivo contro tale trattenimento e le sue condizioni. Lo Stato italiano, dal 2016 ad oggi, non ha ancora introdotto disposizioni volte a colmare i vuoti legislativi continuando a implementare prassi illegittime funzionali a politiche di contenimento e selezione dei flussi migratori che comportano una gravissima violazione dei diritti dei cittadini stranieri in ingresso sul territorio in una condizione di sostanziale invisibilità. Nel mese di gennaio 2021, Asgi, A Buon Diritto Onlus e Cild sono nuovamente intervenute nel procedimento di supervisione, sottoponendo due comunicazioni al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa in cui vengono dettagliate le criticità e le violazioni che malgrado la sentenza della Cedu ancora permangono e caratterizzano gli hotspot in Italia.

Per quanto riguarda l’assenza di un rimedio efficace per contestare le condizioni di detenzione, le possibilità prospettata dal governo di fare reclamo in un procedimento d’urgenza e di chiedere un risarcimento economico sono state messe in discussione dalla società civile. Di conseguenza il Comitato, in linea con quanto osservato dalle associazioni, ha richiesto alle autorità italiane di fornire decisioni giudiziarie in grado di dimostrarne l’efficacia, specificando che in mancanza di tale prova vi è la necessità improrogabile di adottare misure che garantiscano rimedi giurisdizionali per contestare le condizioni di detenzione.

Relativamente alle gravi violazioni connesse all’arbitrarietà della detenzione, laddove le associazioni hanno specificato come gli hotspot continuano ad essere luoghi dove il trattenimento viene attuato in maniera informale, senza alcuna base giuridica e garanzia giurisdizionale, il Comitato non si è espresso su tale profilo riservandosi di analizzare l’attuale quadro legislativo delineato nella memoria del governo.

Le associazioni sono già intervenute in precedenza nel procedimento di supervisione dell’esecuzione della sentenza Khlaifia, avvalendosi anche dell’aiuto dell’European Implementation Network ( Ein). Il Governo italiano dovrà fornire al Comitato dei Ministri una risposta alle specifiche violazioni riscontrate entro il prossimo 15 settembre. Per questi motivi, Asgi, A Buon Diritto Onlus e Cild insistono affinché non venga chiusa la procedura di supervisione e si continui a monitorare, anche da parte della società civile, lo stato di attuazione della sentenza Khlaifia.