Quando in sede di riunione della commissione di manutenzione del Palazzo di Giustizia, fu avanzata la proposta di intitolare l’Aula della Corte d’Assise del nostro Tribunale alla memoria del Dott. Antonino Scopelliti, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, barbaramente assassinato il 9 agosto del 1991, espressi immediatamente, senza tentennamenti e con convinzione, il mio consenso. Senza tentennamenti e con convinzione, perché ritenni quella proposta un fatto simbolicamente significativo ed importante non soltanto per la nostra Sede giudiziaria ma anche, se non soprattutto, per questa martoriata terra di Calabria. Condivisi pienamente quella proposta, perché pensai che in questo territorio difficile, pieno di contraddizioni, dove sempre maggiore è l’espansione della criminalità organizzata e della illegalità diffusa, è vieppiù fondamentale che le Istituzioni facciano la loro parte, promuovendo la mobilitazione delle coscienze dei singoli e della collettività per imporre, come atto di costume, il fondamentale rispetto delle reciproche libertà e delle istituzioni che le garantiscono e le disciplinano, nonché  rendendosi  autori di un messaggio di speranza, di coesione ma anche di fermezza,  che deve essere raccolto dai cittadini calabresi onesti – che sono la stragrande maggioranza - per quantomeno  tentare di uscire da una spirale oppressiva che inquina l’aria e soffoca iniziative e progresso. Consentitemi, a questo punto, di fare una similitudine tra il Dott. Antonino Scopelliti, Magistrato calabrese di straordinaria preparazione giuridica, di grande professionalità e dedizione verso la funzione che svolgeva con fermezza e rigore, che non amava i riflettori mediatici ed anzi, è stato definito il “giudice solo”, universalmente apprezzato per le sue qualità umane, le sue capacità professionali e il suo impegno civile, e l’Avv. Fulvio Croce, Presidente del Consiglio dell’Ordine Forense di Torino che, per rivendicare ed esaltare i valori di libertà e di giustizia, che esprimeva quotidianamente non solo nell’intensità dell’esercizio professionale, ma soprattutto nell’esplicazione delle sue funzioni di rappresentante dell’Ordine, delle quali avvertiva, fino allo spasimo, la responsabilità e la delicatezza, è caduto, trucidato dalle Brigate rosse, al suo posto, per il doveroso svolgimento della sua funzione. Un Magistrato ed un Avvocato, dunque, entrambi caduti per lo svolgimento delle loro funzioni.     Così se ne sono andati tanti altri magistrati, avvocati, professori universitari, uomini politici; così sono scomparsi gli umili, i rappresentanti delle forze dell’ordine, tutti coloro che sono al servizio dello Stato non per combattere una guerra, dove il sacrifizio della vita è rischio normale, ma per garantire a tutti, in pace, l’ordinata e pacifica convivenza. A tal proposito ed in relazione ai gravissimi ed inqualificabili episodi criminosi prima enunciati, accaduti nel nostro Paese, non posso non dire, con estrema franchezza, che le varie espressioni di solidarietà formale che sono state, nel tempo, date non possono essere ritenute –tanto più oggi, dove il fenomeno trasgressivo è incalzante- sufficienti: devono andare oltre il limite delle semplici espressioni verbali di un sentimento pure intensamente avvertito; la solidarietà deve esprimersi con comportamenti di coerenza e di fermezza che valgano a fare intendere a tutti che soltanto attraverso tali comportamenti si può innalzare e difendere la intangibilità della funzione di Giustizia. Perché è inconcepibile che in una società che ritiene di avere adottato un ordinamento democratico a salvaguardia di tutte le libertà fondamentali dei cittadini, debba assistersi al sacrifizio della libertà degli onesti. E' inconcepibile che non si sappia o non si voglia procedere alla individuazione degli strumenti perché i valori essenziali, attraverso i quali la civiltà di un popolo si esprime e si misura, possano svolgere in libertà la loro alta funzione. Ed è, invero, dolorosamente allarmante che il Paese non riesca, il più delle volte, ad andare oltre le mere e vacue frasi di circostanza, rinchiudendosi infine in sconcertante egoismo, generato spesso da paura, che deteriora  il costume e si pone, nella sua effettualità, accanto alla distruttiva componente della violenza. L'intervento dell'avvocato Francesco Napoli - straordinariamente attuale - è stato pronunciato il 20 febbraio del 2012, da Presidente del C.O.A. di Palmi, in occasione della Cerimonia di intitolazione dell’Aula della Corte di Assise del Tribunale di Palmi alla memoria del Dott. Antonino Scopelliti, alla presenza del Guardasigilli di allora