Entro il 24 aprile i candidati all'esame per diventare avvocato dovranno comunicare le materie su cui verteranno le diverse sessioni; il 25 aprile conosceranno la lettera dell'alfabeto per l'ordine di svolgimento della prima prova, così come verrà sorteggiata da parte di ciascuna Corte d'appello, sede di esame. Una tappa importante che li avvicina a quella del 20 maggio, quando avranno ufficialmente inizio i nuovi esami per l'accesso alla professione forense. I 26mila candidati chiamati a misurarsi con la nuova prova, stanno vivendo, in questi giorni, sentimenti contrastanti: la curiosità spesso si combina con l'ansia determinata dall'incertezza di un una prova (la prima, il cosiddetto orale rafforzato) sia per quanto riguarda il suo dinamico svolgimento, improntato all’oralità, che per il metodo di valutazione, completamente nuova. Giova, innanzitutto, richiamare l’attenzione su alcune evidenti contraddizioni che emergono dall’aver voluto conservare l’impianto da sempre adottato e la diversa disciplina oggi resasi necessaria dall’emergenza Covid e dall’impossibilità di svolgere un esame in presenza.   Ecco il nuovo esame di abilitazione in pillole
Occorre, all’uopo, richiamare l’attenzione sulla volontà espressa di applicare alla nuova prova la “struttura complessiva di quella precedente, il ricorso al metodo casistico, basato cioè sulla verifica della capacità di soluzione di casi concreti, come negli anni adottato nelle prove ministeriali”,  e soprattutto  “l'utilizzo di temi desunti da decisioni giurisprudenziali di particolare rilevanza e novità”. Viene altresì precisato che la “ricaduta sulle sottocommissioni dell'onere di formulazione dei singoli casi, impone, in partenza, il rilievo che i presìdi di omogeneità e coerenza si confrontano con il perdurante rinvio dell'attuazione di strumenti adeguati, quali l'apprestamento e la gestione, affidati al supporto di specifica commissione di elevata competenza, di raccolta centralizzata di riferimento (data base), da cui estrarre le domande individuali da porre ai candidati”. Purtuttavia viene ribadito che “la formulazione dei quesiti per valutare la preparazione dei candidati e la capacità di farne applicazione nella concretezza dei rimedi di tutela si conformi alle metodiche di risalente adozione nella scelta dei casi, quali desumibili, oltre che dagli stessi quesiti ministeriali negli anni predisposti, dai disponibili repertori e/o banche dati sui più recenti e significativi precedenti giurisprudenziali di merito e di legittimità”. Orbene, si osserva che così come non si può cambiare l’asse terrestre senza modificarne la rotazione, del pari non si può cambiare sistema, utilizzando a giusta ragione le stesse regole, ma mantenendo gli stessi strumenti e le stesse metodologie. In altri termini non è possibile (e non sarebbe neanche giusto) pretendere che i candidati nel breve termine a loro disposizione, diano risposte (seppur meno rigorose) su quaestiones, i cui criteri di predisposizione siano gli stessi di quelli in precedenza previsti (e che ben potevano essere svolte in sette ore) e che, perciò, assolvevano a diverse logiche. Tanto premesso, si ritiene che per una compiuta disamina di una traccia, seppur circoscritta “a inquadrare ed elaborare in tempo estremamente breve il caso proposto e di individuarne gli eventuali rimedi a disposizione”, e pianificare un discorso sintetico ed efficace, il relativo testo dovrà essere coerente con la necessaria concisione e semplicità. Utile a tal fine potrebbe rivelarsi l’utilizzo della banca dati pubblica, riveniente dal sito della Corte di Cassazione, inesauribile serbatoio di arresti giurisprudenziali capaci, ex se, a soddisfare le esigenze del new deal degli esami di abilitazione, sempre se la scelta dovesse essere inspirata da scelte coerenti con le capacità richieste ad un candidato con 18 mesi di tirocinio alle spalle ed il relativo tempo a disposizione per approntare quanto richiesto per valutarne la sua idoneità. Oltre alla conoscenza della materia, mi sento di consigliare ai futuri colleghi di affrontare la prova con un atteggiamento favorevole nel problem solving giudiziario: invece di dare risposte automatiche, fermatevi a pensare e riducete il più possibile gli stati emozionali negativi e distraenti. È importante avere la consapevolezza che i problemi giudiziari non hanno una unica soluzione e sarà utile evidenziare i valori sociali ed etici connessi.  Però anche noi dobbiamo fare la nostra parte: a tal fine sarebbe auspicabile operare su tre direttrici. La prima: predisporre con l’ausilio delle Scuole Forensi, sotto l’egida della Scuola Superiore dell’Avvocatura, quel data base di cui la stessa Commissione Centrale ha avvertito la necessità ed ha accusato la mancanza. La seconda: promuovere sessioni di incontri per interloquire con Ispettori e Presidenti delle Commissioni al fine di suggerire ed auspicarne l’utilizzo o quanto meno ricercare un modello ovvero un paradigma che, nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Legge e dai regolamenti, possa costituire un supporto ed un valido ed uniforme modus operandi. La terza ed ultima: promuovere sessioni con le Scuole Forensi dirette a rendere tutti quei suggerimenti e quei chiarimenti necessari per consentire un approccio più consapevole nella preparazione dei ragazzi a sostenere la prima prova degli esami, attraverso esemplificazioni ed esercitazioni. *Avvocato Vincenzo di Maggio, Consigliere del Consiglio Nazionale Forense