di Irma Conti* Il decreto legge 31 del 13 marzo e le linee guida emanate lunedì scorso dalla Commissione centrale del ministero della Giustizia definiscono le modalità con le quali si svolgerà il prossimo esame per l’abilitazione alla professione forense, che sarà incentrato su una delle caratteristiche peculiari degli avvocati: l’oralità. La ministra Cartabia con passo incessante ha portato a termine un’operazione che riguarda 26mila candidati e candidate e, come consigliere dell’Ordine degli avvocati di Roma, sono onorata della risposta adesiva, corale, immediata e senza alcuna esitazione che hanno dato i tantissimi colleghi e colleghe, accettando di essere commissari dell’esame relativo agli iscritti che avrebbero dovuto sostenerlo nell’annus horribilis del 2020. A loro, alle loro famiglie e a ogni dominus abbiamo pensato nel rispondere prontamente alla richiesta della ministra di formare a Roma da 13 a 35 Commissioni, allo scopo di consentire ai candidati di sostenere l’esame nella nuova tipologia che contempera l’attuale emergenza sanitaria e l’esigenza di valutare le capacità pratiche di aspiranti avvocate e avvocati. Il doppio “orale rafforzato” persegue, infatti, due finalità estremamente diverse: con la prima prova viene testata la capacità di problem solving, che rappresenta una delle qualità essenziali in un avvocato, mentre con la seconda saranno valutate le conoscenze nelle materie selezionate dai candidati. La convocazione avviene non prima di 20 giorni, quindi sono imminenti le prime: in bocca al lupo! La prima prova in sostituzione dei tradizionali scritti è costituita dalla risoluzione di una questione pratico-applicativa che il candidato dovrà affrontare scegliendo tra diritto civile, penale, amministrativo. Al candidato sarà data lettura del quesito e avrà 30 minuti di tempo per leggere ed esaminare la traccia, individuare gli istituti di riferimento, sostanziali e processuali, consultare i codici annotati con la giurisprudenza e, sulla base delle proprie conoscenze, “risolvere” la quaestio iuris prospettata. Nel tempo ulteriore di 30 minuti il candidato o la candidata esporrà alla Commissione d’esame la soluzione che, per chiarezza espositiva e logica argomentativa, non potrà prescindere da una succinta esposizione degli istituti e della normativa di riferimento interessati dall’esame del parere. Durante l’esposizione i membri della Commissione potranno interagire con i candidati. Quindi, in primis, concentrazione massima: leggere attentamente il quesito al fine di individuare esattamente i termini della quaestio iuris prospettata senza aggiungere nulla di più rispetto a quanto sottoposto e senza tralasciare alcunché, al fine di cogliere i concetti su cui si fonda la problematica da risolvere. Attenzione alle parole chiave e alle circostanze che vi condurranno alla soluzione pertinente. Subito dopo, una volta individuati gli istituti e i principi di natura sostanziale e procedurale, il candidato dovrà ragionare utilizzando gli strumenti a propria disposizione per “risolvere” il quesito che gli è stato sottoposto, potendo anche prendere degli appunti, che possono costituire la base della sua successiva esposizione, sui fogli che non dovranno essere riconsegnati e verranno forniti dalla stessa Commissione. Molti tirocinanti temono questa nuova modalità: sostengono che siano troppo pochi i 30 minuti iniziali concessi per studiare il caso ed eccessivi i successivi 30 per esporre la soluzione. Mi sento di tranquillizzare i miei futuri - spero - colleghi dicendo loro che tutto è stato fatto in maniera calibrata. Se ad esempio il quesito riguarda un caso di corruzione di pubblico ufficiale, posso ipotizzare che un commissario potrà chiedere al candidato di spiegare la differenza tra corruzione propria e impropria. A chi pensa invece, anche tra i colleghi, che questo nuovo paradigma di selezione possa non valutare pienamente la preparazione dei candidati, rispondo invece che per me è un ottimo banco di prova perché il confronto personale con il candidato da parte dei commissari consentirà una valutazione immediata e senza il filtro dello scritto. Potranno accedere alla seconda prova i candidati che raggiungono un punteggio minimo di 18, e questa si terrà dinanzi alla Commissione presso la Corte di Appello di appartenenza, si svolgerà con modalità quasi identiche a quelle del passato, non prima di 30 giorni dal superamento della prima. Come in passato, non è previsto un termine entro cui sarà effettuata. La seconda prova consta di quesiti orali per una durata complessiva di 45/60 minuti su cinque materie previamente individuate dai candidati: una a scelta tra diritto civile e penale, una a scelta tra diritto processuale civile e diritto processuale penale, e tre a scelta tra diritto costituzionale, amministrativo, tributario, commerciale, lavoro, dell’Unione europea, internazionale privato, ecclesiastico, oltre a quella obbligatoria dell’ordinamento forense. Si tratta, in conclusione, di abbandonare le lunghe corse con i trolley carichi di ogni codice, le interminabili giornate e la fusione nucleare di tutti gli embrioni cerebrali per le oltre 7 ore. Sono modalità innovative e sicuramente stimolanti per tutti i candidati e le candidate, ai quali rinnovo il mio più sincero “in bocca al lupo”, certa che gli aspiranti avvocati saranno all’altezza della novità, pensata per la fase pandemica ma che, se supera il vaglio del tempo, io terrei anche per il futuro. Ad maiora. * Consigliere Ordine Avvocati di Roma