«Ringraziamo ancora una volta il ministro della Giustizia, professoressa Marta Cartabia, che ha dato priorità, fin dal suo insediamento, alla risoluzione della spinosa questione dell’esame da avvocato, continuamente trascurata. Si ringrazia anche il Cnf nella persona della presidente Maria Masi e del professore avvocato Vincenzo Di Maggio per l’impegno profuso e per aver ascoltato la voce dei praticanti»: così al Dubbio Claudia Majolo e Vincenzo La Licata, rispettivamente presidente dell'Unione praticanti avvocati e vice presidente dell'Associazione italiana praticanti avvocati in merito al decreto firmato due giorni fa dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia, con cui si fissa la data di inizio dell'esame da avvocato, individuata nel 20 maggio. Tuttavia – secondo Upa e Aipavv – permangono alcune criticità tra cui, come segnalato sin dall’emanazione del decreto-legge, la necessità che i quesiti di cui alla prima prova orale vengano redatti dalla Commissione centrale, con l’ausilio del Consiglio nazionale forense. «Solo in questo modo – dicono Majolo e La Licata – si potrà avere un esame davvero meritocratico e la cui valutazione sarà tendenzialmente uniforme su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni o discriminazioni dovute a una maggiore o minore severità da parte delle singole sottocommissioni nella formulazione delle tracce». Un altro nodo da sciogliere è quello dei vaccini: «Confidiamo che venga presa in considerazione l’ultima nostra proposta, vale a dire l’assegnazione di una priorità, nel piano vaccinale, a quei praticanti avvocati che dovranno sostenere il doppio orale. In questo modo, si potranno mettere in sicurezza i candidati che dovranno essere necessariamente in presenza». Questa questione si lega anche a quella delle mascherine: «All’articolo 4 del Dm si evidenzia come in presenza di patologie o disabilità che rendano incompatibile l’utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie si riconosca la possibilità di non indossare le mascherine. Se si consentisse ad un soggetto fragile di non indossarle lo si esporrebbe maggiormente al pericolo di contagio. Alla luce di ciò e di quanto detto prima è fondamentale vaccinare i praticanti classificati come soggetti fragili». Molte perplessità arrivano invece dalla dottoressa Paola Passoni, del foro di Milano, che è tra i 26.000 candidati chiamati ad affrontare il nuovo esame di avvocato. Le chiediamo con quale stato d'animo si stia avvicinando all'appuntamento: «sicuramente la costante incertezza verso una modalità di selezione del tutto nuova è motivo di sconforto. Questo al contempo mi spinge a ricercare la migliore preparazione per sostenere l'esame». La speranza di Paola era che «uscissero delle linea guida dal ministero della Giustizia in modo tale da capire la difficoltà dei quesiti. A mio avviso per calibrare la preparazione è necessario mettersi alla prova su tracce papabili in sede di esame». Lei porterà diritto penale alla prima prova che si svolgerà in 60 minuti: i primi trenta per analizzare il caso, i restanti per argomentare la soluzione. «Sarebbe utile capire se saremo chiamati a risolvere questioni giuridiche vertenti sull’analisi di una singola fattispecie di reato o di più fattispecie, come capitava con la vecchia prova scritta». Sembrerebbe che il caso oggetto della prima prova non verrà consegnato al candidato ma dettato da un membro della commissione. Sebbene i tempi di dettatura non verranno compresi nei primi trenta iniziali, «i 30 minuti per l’analisi del quesito paiono pochi. Questa nuova tipologia sicuramente richiede una profonda conoscenza dell'arte oratoria che si costruisce nel tempo e con l'esperienza. Io ho 25 anni e mi sono laureata un anno e mezzo fa, facendo pratica nel settore del diritto commerciale stragiudiziale, settore diverso dai “canonici” diritto penale e civile, quindi per chi come me si deve approcciare in modo pratico a tali materie questa prova potrebbe risultare più difficoltosa. Penso però che le difficoltà siano condivise anche da coloro i quali hanno fatto percorsi diversi dal mio, anche più affini alla prova che siamo tenuti a svolgere». In particolare, per la dottoressa Passoni, «trenta minuti iniziali per analizzare il quesito sono pochi rapportati ai trenta minuti richiesti per l’esposizione. Si rischia di esporre subito la soluzione e lasciare spazio, nei minuti rimanenti, ad una serie di domande che potrebbero spiazzare, nell’angoscia del momento. Questa prova richiede una preparazione diversa da quella acquisita in precedenza che era orientata sulla scrittura più che sull’oratoria». I tirocinanti infatti avevano iniziato a studiare - sia da soli che in qualche scuola di formazione - pensando di dover fare il tradizionale esame, poi, invece, il cambio di rotta e quindi si sono dovuti adeguare alle novità: «Io, per esempio, ho pagato un corso annuale durante il quale mi sono esercitata a scrivere pareri e atti di diritto penale e civile per poi scoprire, a ridosso della fine della scuola, che lo scritto non si sarebbe svolto. Prima siamo rimasti nel limbo dello spostamento dello scritto da dicembre ad aprile e poi a marzo ci è stata comunicata questa nuova modalità. Per alcuni essa dovrebbe facilitarci, a mio avviso non è del tutto vero. Si richiede al candidato di comprendere il quesito, scrivere le norme di riferimento in quanto il codice non potrà essere consultato nella seconda mezz’ora, ipotizzare la soluzione, consultare il codice commentato e riordinare le idee». Alla fine dei conti la nostra aspirante avvocato auspica che «l'esame di avvocato si muova nella direzione di semplificare l’accesso alla professione forense e non nell’ostacolarlo. D’altronde l'esame di Stato è un titolo che non comporta l’automatico inserimento nel mondo del lavoro, i clienti difatti, senza peculiari capacità dell’avvocato, non arriveranno mai».