Un processo su due non celebrato, la creazione della figura dell'avvocato turnista che si faccia carico di raccogliere le udienze rinviate, l'appello per un commissario per fronteggiare la crisi dell'edilizia giudiziaria: sono questi gli elementi principali che caratterizzano la fase di semi paralisi della giustizia a Bari. Per cercare di non fermare del tutto la macchina, il 9 aprile il Tribunale, la Procura, l'Ordine degli avvocati e la Camera penale locale hanno sottoscritto un protocollo per la trattazione dei procedimenti penali fin quando la Puglia sarà in zona rossa. Tra i punti dell'intesa: davanti al giudice monocratico saranno consentiti i processi con imputati sottoposti a misura cautelare; quelli con massimo tre imputati liberi; il  limite è di dieci processi ad udienza (due ogni mezz’ora). I parametri davanti al tribunale collegiale sono: massimo quattro imputati liberi e massimo 8 processi ad udienza con un processo ogni mezz’ora. Previsto l'eventuale collegamento tra aule. Tutti i processi si celebreranno a porte chiuse, con areazione delle aule, scrivanie, microfoni e maniglie igienizzati. Ne parliamo con l'avvocato Giovanni Stefanì, Presidente dell'Ordine degli avvocati di Bari e componente del Direttivo dell’Organismo Congressuale Forense (OCF). Presidente i numeri parlano addirittura di 183 udienze su 327 slittate in una settimana. È così grave la situazione? Purtroppo sì e per due ragioni fondamentali. La prima è quella che riguarda tutto il Paese in forme più o meno gravi, ossia la pandemia. Rispetto ad essa i capi degli uffici devono ricorrere a misure tese ad evitare il rischio del contagio. La Puglia è in zona rossa:  siamo costretti a registrare diversi casi covid tra magistrati, personale di cancelleria e soprattutto avvocati. Quest'ultimi sono terrorizzati dall'idea di celebrare le udienze in presenze. Se nel settore civile si può ovviare attraverso la trattazione scritta o comunque mediante la fissazione di orari prefissati e distanziati con un numero limitato di cause per singola giornata, nel penale il discorso è completamente diverso, perché l'udienza in presenza è fondamentale. A questo si aggiunge la seconda ragione, ossia la situazione critica dell'edilizia giudiziaria. Il Tribunale penale è ubicato in un palazzo destinato ad uffici. Pertanto le aule di udienza non possono chiamarsi tali ma sono delle stanze che possono ospitare al massimo tra le sei e le otto persone. Questo impedisce a monte la possibilità di prevedere la celebrazione dei processi con un numero di imputati superiore a tre. Da qui è nato il Protocollo siglato lo scorso 9 aprile: limita il più possibile il rischio del contagio tenuto conto delle problematiche di cui abbiamo parlato ma allo stesso tempo non ferma completamente l'attività. È ragionevole quindi pensare che un processo su due venga rinviato. Il problema è bilanciare il diritto alla salute con quello ad una ragionevole durata del processo. A ciò si aggiunge che l'avvocatura sta vivendo una crisi economica. Fino a quando si può reggere questa situazione? Proprio per quello che dice lei, noi vogliamo accendere più che mai i riflettori  - e approfitto anche il Dubbio che lo ha fatto - sul problema improcrastinabile ed assai grave dell'edilizia giudiziaria a Bari. Come lei ricorderà abbiamo celebrato udienze nelle tende e nel giro di due anni non è cambiata molto la situazione. È vero che è stata individuata la sede del nuovo Parco della Giustizia ma i tempi sono troppo lunghi se solo pensiamo che il primo plesso destinato al penale verrà terminato nel 2028. Se non ricordo male la prima uscita pubblica dell'ex Ministro Bonafede fu proprio nella tendopoli giudiziaria. È stata solo una operazione di facciata. Esattamente, lei ricorda bene. Insieme tutti uniti  - magistrati, avvocati, personale di cancelleria - chiediamo che questa situazione sia classificata come 'emergenziale' per giustificare l'accelerazione delle procedure: questo può avvenire solo grazie alla nomina di un commissario che tenga conto della straordinarietà ed eccezionalità del caso, per puntare più velocemente alla realizzazione di una sede giudiziaria idonea per tutti gli uffici giudiziari. Anche la sede di Corte d'Appello infatti ha anch'essa delle grandi criticità, è un cantiere  permanentemente aperto; per non parlare dei giudici di pace rilegati in un condominio di periferia. Qui  è intervenuta una livella perché tutti gli attori della giurisdizione sono svantaggiati. Per fortuna siamo uniti in questa battaglia: c'è una grande sinergia e collaborazione tra noi e i capi degli uffici per fronteggiare questa ormai intollerabile condizione. Intanto c'è l'avvocato turnista incaricato di raccogliere giorno dopo giorno le date delle udienze da rinviare per evitare assembramenti. Le cancellerie del penale versano in una situazione a dir poco carente: si rischiava che per prendere i rinvii si creassero pericolosi affollamenti. Quindi grazie ad una collaborazione con la Camera Penale - che non smetterò mai ringraziare - abbiamo previsto la turnazione dei colleghi preposti a raccogliere le date delle udienze rinviate. Ma non sarebbe stato utile anche battersi per le vaccinazioni non come privilegio ma come attenzione a chi svolge una funzione fondamentale? Noi abbiamo preso una posizione abbastanza equilibrata: fermo restando che la giustizia è tra i servizi essenziali al pari dell'istruzione, abbiamo anche precisato che non vogliamo scavalcare nessuno, a maggior ragione i soggetti fragili e gli anziani. Se però si decide, come auspichiamo, di considerare la giustizia un servizio essenziale, e quindi come tale prevedere  un percorso non privilegiato ma accelerato nella vaccinazione, allora in questo ambito gli avvocati devono essere sicuramente vaccinati. Nell'ambito della giustizia l'avvocatura è il soggetto più a rischio perché il difensore è quello che circola di più e che ha contatti con più persone, compresi i detenuti in carcere, luogo di alto contagio.